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La casa di Mary

Regia di James W. Robertson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La casa di Mary

di undying
8 stelle

Un modesto film di genere che però riesce, grazie ad un'abile messa in scena ed una sceneggiatura da omnibus dell'orrore, a ritagliarsi un posto speciale nella storia del cinema horror.

 

 

New England. Una casa lasciata in eredità al clero è stata testimone, in passato, di morti violente. La tenuta è di nuovo teatro di un duplice delitto, vittime due ragazzi, i cui corpi a pezzi denunciano come questi abbiano trovato una fine terribile. Il reverendo Harry (Stacey Keach), durante il passaggio di consegne al più giovane Thompson (James Houghton), annuncia l'intenzione della curia di affittare il fabbricato per rientrare economicamente delle spese di manutenzione. Nelle vicinanze vivono Vera e il figlio Arlen, discendenti dei donatori e apparentemente instabili mentalmente, mentre una nuova famiglia composta da marito, moglie e tre figli prende possesso della casa, non prima che siano accaduti altri tragici avvenimenti: Harry muore in un violento incidente subito dopo aver annunciato di volere benedire la dimora e un operaio trova la morte durante i lavori di restauro. Frattanto una bambina sconosciuta -di nome Mary- si manifesta al piccolo Justin. L'ispettore Sturgess (Albert Salmi) indaga sui decessi, mentre cercando negli archivi della diocesi di Sant Luke, Thompson risale ad un fatto di cronaca legato al medioevo (estate del 1.692) e concluso con la condanna -per affogamento in un lago circostante- di una donna, colpevole di... stregoneria.

 

 

"Inquisimento e condanna, emessa ed eseguita, innanzi ai miei parrocchiani della diocesi di Saint Luke, il giorno 7 Luglio dell'anno di grazia di nostro Signore 1.692..." (Padre Andrew Pike, dagli archivi della Summum ius inquisitorium)

 

"Sei stata trovata colpevole di orrendi crimini contro gli uomini e contro Dio. Hai sottoposto a tortura, e hai ucciso, un bambino innocente sotto gli occhi di sua sorella (...) Ricusa i tuoi servigi ai maligni poteri infernali (...) Non abbiamo i macchinari qui, per forzare quest'anima avversa alla purificazione. E il cuore mi manca, di ardere viva una creatura, anche se così depravata. La sentenza sia: morte per annegamento!" (Reverendo Andrew Pike)

 

"Io sono la figlia di Satana, lui è il mio signore... ve ne accorgerete, stolte creature, la furia di Satana sta per scatenarsi su di voi! (...) Voi, e tutti coloro che genererete, soffrirete di tormenti orrendi... e chiunque osera' accostarsi a questo luogo!" (La strega, durante l'esecuzione della condanna) 

 

"Quella notte la Chiesa di Saint Luke fu' distrutta dal fuoco e per la parrocchia iniziarono le sventure: molte case bruciarono, il governatore si ammalò e morì; e la donna che aveva accusato la strega, annego' nello stagno nero." (Dagli archivi della Summum ius inquisitorium)

 

 

Nel 1982 doveva ancora vedere la luce il film di Sam Raimi (da noi, impropriamente, intitolato La casa), quando nelle sale cinematografiche italiane per lungo tempo, esistendo ancora le "seconde visioni", un manifesto -destinato poi a tracciare le basi per futuri film "di genere"- piuttosto inquietante appariva a lato degli ingressi, per annunciare la proiezione di un horror economico e modesto, ma destinato a lasciare il segno. Nei primi Anni '80 lo splatter era ormai cosa ampiamente nota (Blood feast è del 1963) ma relegata a circuiti elitari (Grindhouse) e a produzioni di serie b. La violenza "simulata" cinematograficamente era, fatte opportune eccezioni (Argento, Cronenberg, Romero e pochi altri autori), confinata in piccole e invisibili pellicole, opera di registi esclusi alla più ampia divulgazione. La casa di Mary, invece, porta nel cinema mainstream (quello a diffusione capillare e pubblicizzato da radio e TV) una certa dose di iconoclastica "coreografia della morte". Un tipo di violenza che può, oggi, apparire quasi irrilevante ma che all'epoca si poteva intravedere solo in un film estremo del nostro indimenticabile Lucio Fulci o del più "impegnato" George Romero. Certo, il valore del film di Robertson non lo si può confinare ad un incipit spiazzante (con i due adolescenti fatti a pezzi) e ad un finale nerissimo (cosa oggi di routine, al contrario del 1982). Quello che in questo film viene messo assieme, con certa cura e con buon senso del ritmo, è un omnibus del genere horror che lo ha anticipato. E così abbiamo elementi gotici e puramente demoniaci (la condanna e messa in atto della sentenza con strega posseduta dal volto deformato e con voce roca, che strilla disgrazie inevitabili, a minacciosa vendetta, sulle future discendenze dei locali accusatori) che vengono dal più popolare L'esorcista, ottimamente inseriti in uno slasher (i decessi avvengono quasi tutti con armi da taglio o si concretizzano con quest'effetto) che però sembra subire anche le atmosfere -coeve- dell'Argento irrazionale.

 

scena

Inferno (1980): scena

 

Se i rimandi a Suspiria e -soprattutto visivamente- a Inferno siano poi da attribuire allo sceneggiatore (Donald Thompson) quando non al regista è difficile dire. Certo il decesso dell'operaio ricorda la fine di Eva Axen in Suspiria, film evocato anche a causa della presenza di una strega con mani rinsecchite e caratterizzate da lunghissime unghie e -per affinità sonora- da una (riuscita) soundtrack, martellante e nervosamente insinuante. Ridimensionando il risultato finale a causa di una sceneggiatura talvolta confusa, come dimostra anche il poco funzionale inserimento della piccola Mary, va comunque riconosciuto a questo Superstition il merito di aver contribuito a rendere più popolare il filone horror delle case infestate che di lì a poco tempo, con il già citato Evil dead di Raimi, sarebbe poi stato costituito da un lunghissimo catalogo, tutt'ora work in progress, composto da titoli più o meno interessanti.

 

 

Curiosità 

Come regista James W. Robertson ha avuto una carriera breve, restando comunqe a lungo impiegato nel settore cinematografico, soprattutto nel ruolo di direttore della fotografia ed operatore alla macchina da presa. La sua prima regia, The legend of Alfred Packer, girata nel 1980 e siglata con lo pseudonimo di Jim Roberson, è dedicata al reale personaggio storico, tristemente famoso per atti di cannibalismo, portato sullo schermo anche in seguito e in diversi contesti: a cominciare dall'eccentrico Cannibal, the musical per finire al più elegante L'insaziabile.

Ulli Lommel, il mediocre regista di Boogeyman (ovvero Mirror, chi vive in quello specchio?) aveva bene in mente il film di Robertson quando, nel 1983, girò Devonsville terror: praticamente la stessa storia di Superstition, con la variante data dalla moltiplicazione delle streghe (da una a tre). 
Nel 1989 Alessandro Capone gira un horror italiano che rimanda, per affinità di contenuto (la bimba posseduta dalla strega vendicativa) a La casa di Mary. Tali, e tante, sono le similitudini tra i due film che la distribuzione Usa opta per il titolo di Superstition 2 (Superstition, appunto, è il titolo originale de La casa di Mary).

 

 

Soundtrack  (David  Gibney)

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