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Cars - Motori ruggenti

Regia di John Lasseter, Joe Ranft vedi scheda film

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La recensione su Cars - Motori ruggenti

di lussemburgo
8 stelle

Non sembra esserci limite alla qualità visiva dei film Pixar, alla resa realistica dei fondali, all’inventiva delle animazioni che rendono plausibile un universo del tutto “automobilmorfo”, in cui anche le frastagliature della Monument Valley riecheggiano forme di carrozzeria, e le mosche sono piccoli maggiolini VW alati. L’impianto visivo è perfetto, il racconto brioso, le caratterizzazioni delle macchine divertenti. Il film rivela una compiaciuta struttura da sit-com, con luoghi comuni dell’immaginario americano riletti in chiave automobilistica, cliché che si travasano nella costruzione stessa del film, come gli intercalari di brani vagamente country non lontani da una produzione medio-bassa americana. Ma anche come i riferimenti retrò al cinema degli Anni Sessanta, sia nel nome stesso di Saetta McQueen, con riferimento a Bullitt e a Le 24 ore di Le Mans, sia alla presenza vocale (in v.o.) di Paul Newman, patito di motori e attore in Indianapolis, pellicola già ambientata nel mondo delle corse automobilistiche. Anzi, a contrasto della qualità tecnologica avanzata, il film mostra orgogliosamente una patinatura “d’annata”, il gusto retrospettivo per un certo tipo di vecchio cinema, ma anche per valori tradizionali, di un’America rurale che dell’innovazione vede solo gli abusi e le storture. La modernità delle autostrade è solo un sintomo di un’evoluzione sbagliata e colpevole, lontana dai valori fondamentali di una piccola comunità. Acquista così senso (mascherando una certa stucchevolezza di fondo) questa storia di comprensione della solidarietà e del valore dell’amicizia rispetto ad un individualismo così egoisticamente sfrenato da rasentare la presunzione. Benché abitato da macchine e svolto sulle strade, Cars non è un road movie, il viaggio del protagonista, dopo l’improvvida deviazione iniziale, è tutto interiore, anzi temporale, a ritroso nel tempo di un’America passata e forse rimpianta, il cui simbolo diventa la mitica Route 66, dove è ancora divertente giocare nei campi (a rovesciare trattori bovini) e passeggiare per guardare il panorama.
Eppure qualcosa stona in Cars. La storia si esaurisce in poco e tutto assai prevedibile. Il messaggio di solidarietà panica rispetto all’egocentrismo tipicamente USA ha un certo valore morale, ma diventa anche moralistico con l’affermazione indiscutibile dei buoni sentimenti e dei loro portatori. Inoltre, la struttura narrativa non è poi troppo dissimile da Nemo, con il difetto del personaggio principale corretto nella conoscenza altrui e nell’esplorazione di un mondo per lui nuovo. Al di là dell’elemento tecnologico e visivo, il film forse manca di inventiva, di una stratificazione di senso e messaggio che fa la qualità di molti altri film di animazione virtuale (sia Pixar che Dreamworks). Cars affascina e diverte, eppure non cattura. Manca qualcosa, una certa sincerità dietro alla perfezione meccanica, forse del sentimento vero oltre la lucentezza impeccabile delle carrozzerie.

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