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L'imperatore di Roma

Regia di Nico D'Alessandria vedi scheda film

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Davide Schiavoni

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La recensione su L'imperatore di Roma

di Davide Schiavoni
8 stelle

Nico d'Alessandria, ovvero "non un regista pazzo, bensì un pazzo che fa il regista".
 
Per essere e sentirsi emarginati, reietti e disadattati, non ci si deve per forza ritrovare nelle acque torbide della tossicodipendenza, dell'alcolismo o della schizofrenia: basta percepire l'ambiente circostante (dalla famiglia al lavoro, alle istituzioni fino alla società intera) come nefasto e iniquo verso se stessi, oltre che distante rispetto al proprio ideale di vita o presunto tale. La figura del protagonista, non limitandosi a incarnare un disagio reale, quello di cui è portatore il giovane Gerardo Sperandini, s'eleva a emblema d'una condizione esistenziale estesa a tutti coloro che non accettano e ripudiano lo status quo. Gerry, "un rudere tra i ruderi", vaga fra le vie dell'ex Caput Orbis Terrarum, ormai ridotta a un cumulo di macerie e putridi rifiuti abitato da morti (viventi). Nel suo delirio psicotico s'atteggia a dominus d'una Città allo sfacelo, decaduta e decadente, desertica e apocalittica. Camminatore incallito, tira dritto, va avanti nonostante il sopraggiungere di avversità e spossatezza che in più d'un'occasione lo costringono alla stasi (ma dove muore il personaggio pasoliniano, lui si rialza e prosegue), fantasticando un'utopica rifondazione: la ricostruzione totale d'un Mondo -simboleggiata dall'immagine dell'uomo col piccone- in cui vi sia posto anche per i dannati e i misconosciuti. L’anelito di rinnovamento s'infrange però contro l'indifferenza d'un Santo ("A Pietro! Beccate 'sto giaccone!") o della gente, in una climax culminante nel disilluso epilogo dove, negatagli pure la libertà di grufolare nell'immondizia alla stregua d'un felino urbano qualunque, il relitto umano viene arrestato per l'ultima volta. 
Il volo leggiadro degl'uccelli rimane confinato a semplice chimera, mentre il frame conclusivo si congiunge all'incipit non tanto nel segno dell'alba d'una nuova era quanto in quello d'una devastante continuità.
Rivedo l’”Imperatore di Roma”, pellicola low-budget girata nel 1987, e penso che il resto sia stato solo neorealismo d'accatto(ne).

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