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Estasi

Regia di Gustav Machaty vedi scheda film

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La recensione su Estasi

di EightAndHalf
8 stelle

Tra il primo piano della passione orgasmica e il primo piano del fallimento amoroso è solo un attimo, uno stacco di montaggio. Gustav Machaty, influenzato enormemente dalla letteratura decadentista di fine Ottocento e inizio Novecento - quindi dal fascino mitteleuropeo per il melodramma erotico - conduce una sinfonia di aggressioni sensoriali che però, rispetto ai modelli Ejszenstein/Murnau, vive di momenti sospesi e allungati, come se il dettaglio potesse essere in grado di sciogliersi in un'atmosfera o in uno spazio più grande. In una sequenza Adam e Eva osservano un'ape cogliere il nettare da un fiore. L'ape poco dopo vola via, e i due la seguono con lo sguardo mentre si libra in cielo. Noi, per contrappeso, seguiamo lo sguardo dei due, atti a condividere un momento di grande intensità ed emozione. Il risultato è che la loro soggettiva, nell'inquadratura successiva, non sarà più l'ape, ma il cielo - o meglio, l'ape sarà sciolta nell'immensità delle vegetazioni, delle nuvole, del terso sereno. Rispetto quindi al semplice cogliere il dettaglio per farlo esplodere, o deformarlo, Machaty ambisce a trattenerlo, prolungarlo, con una deformazione che è più temporale che spaziale. Ne consegue che il ritmo del film perde le sue coordinate più classiciste, destreggiandosi fra primi piani esasperatamente lunghi e movimenti di camera impossibili. Si direbbe quasi cubista la passione di Machaty per la ricostruzione di un soggetto tramite più punti di vista - vedasi il momento in cui Emile, il marito infelice e asessuato (impotente?) di Eva, per poco non si schianta contro un treno. Il suo primo piano è preso sia da sinistra che da destra. Sfaccettare le sue sembianze è un modo per rievocare la sua percezione di un momento che è durato molto più di un momento, e che lascia intendere la frustrazione di una vita intera. 

Di mitteleuropeo si segnala con facilità anche l'impronta di Josef von Sternberg, nella sovrapposizione continua di piani e livelli dell'immagine - atti a complicarne virtuosisticamente la struttura - e l'impronta del Paul Czinner di Fraulein Else (1929), che rivive in Ekstase nell'utilizzo di dettagli che rievocano, nascondono e alludono con una ferocia passionale anche superiore all'eventuale messa in scena dell'effettivo dettaglio scabroso. 

Un esempio di film che ci ricorda come il cinema muto avesse raggiunto obbiettivi che stanno alla base di molte delle istanze del cinema sonoro moderno e contemporaneo. Che ci ricorda che già in quel cinema ci stava tutto. 

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