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Iguana

Regia di Monte Hellman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Iguana

di rocky85
8 stelle

“Benvenuti nel mio Regno! Io ho potere di vita e di morte su di voi.”

Fine Ottocento. Il fiocinatore Oberlus (Everett McGill), sfigurato da orrende piaghe che ne deturpano il viso, fugge dalla nave dove è segregato e umiliato. Raggiunta a nuoto un’isola delle Galapagos, se ne impossessa e si autoproclama Re, facendo prigionieri alcuni naufraghi. Oberlus dichiara “guerra a tutta l’umanità”, sorta di rivincita e di vendetta nei confronti di quanti in passato hanno abusato di lui. Quando sbarca sull’isola la bellissima Carmen (Maru Valdivielso) col suo promesso sposo, Oberlus uccide l’uomo e fa di Carmen la sua schiava, obbligandola a soddisfare i suoi piaceri sessuali.

A dieci anni di distanza dall'irrisolto Amore, piombo e furore, Monte Hellman abbraccia il progetto di realizzare un film tratto dal romanzo di La Iguana di Alberto Vazquez-Figueroa. Prodotto dall’italiano Franco Di Nunzio e girato sull’isola di Lanzarote, Iguana conferma lo stile essenziale e sobrio del suo regista. Formalmente raffinato ma senza mai essere manieristico, con una colonna sonora quasi assente e sostituita dai rumori delle onde che si infrangono sulle rocce o dal fruscio del vento, Iguana è un’opera complessa, profonda e ricca di sottotesti, leggibile a vari livelli tematici. Innanzitutto come un potente apologo sul potere e sulla tirannia. Oberlus proclama una legge, la sua legge, e dichiara di amministrarla in modo giusto. Chi gli si oppone, come il personaggio di Gamboa (Fabio Testi), finisce inevitabilmente per soccombere. Gli altri, invece, diventano incapaci di ribellarsi al suo dominio. Per la naufraga Carmen la sottomissione diventa anche sessuale, lei che quando era in Spagna reclamava il proprio desiderio di indipendenza nei confronti dei propri amanti, finisce col sentirsi attratta da questa “appartenenza” al padrone Oberlus . “Il disegno divino vuole che tutti dobbiamo imparare a sottometterci. L’alternativa è l’anarchia; l’illusione che ognuno di noi è libero di fare quello che vuole è opera del diavolo” le dice il prete confessore, ed in questa frase può leggersi un riferimento a quei popoli incapaci di ribellarsi agli autoritarismi ed ai paternalismi (Oberlus considera i suoi prigionieri come “suoi figli, sue creature”) delle dittature. Ma Iguana è anche una cupa e struggente parabola sulla diversità e sulla mostruosità. Il magnifico finale, sulle note di una malinconica ballata cantata da Joni Mitchell (e con la dedica all'amico fraterno Warren Oates), è triste e crudele ma rappresenta la giusta chiusura per questa storia malsana: perché Oberlus, che conosce i patimenti di una vita da mostro, non può permettere che quelle sofferenze siano protratte alla vita di una nuova creatura.

 

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