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Crimine silenzioso

Regia di Don Siegel vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Crimine silenzioso

di rocky85
8 stelle

“La gente della sua classe non capisce mai la necessità biologica della violenza!”

San Francisco. All’aeroporto, il furto di una valigetta causa la morte di due persone e svela l’esistenza di un traffico internazionale di eroina, attuato usando viaggiatori inconsapevoli e insospettabili. I due poliziotti che seguono il caso non trovano prove, perché tutti gli uomini coinvolti vengono ritrovati morti. “Si stanno eliminando l’uno con l’altro”, commenta uno dei due, “ma per uno che se ne va, ce ne sono sempre due che arrivano”. E infatti arrivano due sicari professionisti: l’anziano Julian (Robert Keith) e il più giovane Dancer (Eli Wallach). Hanno poche ore di tempo per recuperare tre valigette appena sbarcate da una nave, eliminare le tre persone che le hanno in possesso e consegnare il contenuto. Ma qualcosa va storto.

Attivo fin dalla metà degli anni Quaranta, Don Siegel aveva già dimostrato la sua abilità con budget ristretti dirigendo alcuni noir interessanti (Rivolta al blocco 11, Dollari che scottano e l’ottimo Faccia d’angelo) ed il fantascientifico L’invasione degli ultracorpi, che sarebbe diventato poi un vero e proprio cult movie oltre ad essere considerato (giustamente) come uno dei capolavori assoluti del genere. Crimine silenzioso (The LineUp, 1958), primo suo film prodotto da una major (la Columbia), nasce come spin-off cinematografico della serie televisiva poliziesca The LineUp, che ha come personaggi principali due detective della polizia di San Francisco, tra i quali il tenente Guthrie interpretato anche qui da Warner Anderson. Siegel prende le distanze dagli stilemi classici del noir: la sua marca è da sempre la sottrazione degli elementi canonici e la predilezione per uno stile secco e veloce. Ripreso esclusivamente alla luce del sole, in controtendenza con le atmosfere buie e cupe tipiche del genere, il film mostra un impeccabile senso dell’azione grazie ad un montaggio come sempre serrato e tesissimo. La sceneggiatura di Stirling Silliphant promuove come protagonisti assoluti i due killer, interpretati splendidamente da Robert Keith e da un Eli Wallach che aveva esordito al cinema soltanto due anni prima.

Il vecchio Julian, apparentemente colto e raffinato, usa sempre chiedere al suo collega quali sono state le ultime frasi pronunciate dalle sue vittime prima di morire, e se le appunta su un taccuino commentandole di volta in volta (“Questa mi piace, dimostra la sua servilità, il bisogno di aiuto, la dipendenza… Molto interessante!”). Dancer, invece, è un maniaco dipendente dall’assassinio, “un magnifico oggetto di studio patologico, uno psicopatico senza inibizioni”, come lo descrive Julian. In lui c’è una totale mancanza di emozioni ed una rude impulsività, dovuti forse ad un passato sofferto soltanto accennato in una battuta iniziale del film. “Perché fai questo mestiere?”, gli chiede uno degli uomini dell’organizzazione criminale. “Avevo un padre una volta…”, risponde lui. “Beh, questo succede a molti!“Io non ho conosciuto il mio!”

 

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