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La Cina è vicina

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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Carlo Ceruti

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La recensione su La Cina è vicina

di Carlo Ceruti
10 stelle

Senza timore di esagerare, dirò che, secondo me, La Cina è vicina è un film geniale. Sì davvero geniale. Geniale perché è un film di protesta lucidissimo che riesce ad esaminare ed a rappresentare i peggiori difetti della società italiana di allora. Sotto alcuni aspetti lo definirei addirittura profetico ed è anche per questo che oggi assume maggior valore.
I personaggi principali sono quattro:
1) Glauco Mauri (Vittorio) un ricco borghese trasformista, voglioso di candidarsi col Partito Socialista Unificato (dopo essersi stufato degli altri).
2) Sua sorella Elda Tattoli (Elena), anch'essa (ovviamente) ricca, annoiata e dedita unicamente a rapporti sessuali con uomini diversi.
3) Il loro fratello Pierluigi Aprà (Camillo), maoista studente in un collegio, deluso dal PCI e dedito ad atti politici clamorosi.
4) Paolo Graziosi (Carlo) assistente socialista di Vittorio; detesta il suo principale perché ricco e pare non sentirsi più rappresentato dal suo partito.
Tutti e quattro i personaggi, vivono in una piccola provincia del Nord Italia. Una provincia stretta che pare soffocare tutti e quattro.
I primi tre, nonostante siano fratelli, talvolta, paiono detestarsi ed invidiarsi a vicenda. Lo si capisce dai continui rapporti sessuali di Elena, che fanno morire d'invidia Vittorio e di gelosia Camillo (che, in teoria, dovrebbe essere un tipo all'avanguardia). Lo si capisce dall'odio di Camillo verso Vittorio per il suo bieco trasformismo. Ma tutti e tre si constringono ad un atteggiamento formale ed educato, costretti, dall'imponente tradizione della famiglia naturale, a reprimere le loro reali intenzioni ed ad assumere una facciata educata. Solo verso il finale, quando tutto volgerà al peggio, i tre cominceranno ad esplodere. Perciò, come ne I pugni in tasca, Bellocchio riesce con efficacia a mostrarci la repressione psicologica delle tradizioni familiari e della provincia chiusa e qui i personaggi non trovano altra soluzione che lasciarsi andare a sregolati e, talvolta, grotteschi rapporti sessuali, dove possono sfogare il loro io animalesco troppo a lungo represso dalla società, che qui si esprime sotto varie forme (famiglia, provincia ecc.). Ma ciò che più amareggia i personaggi spingendoli alla sregolatezza sessuale, è la mancanza d'ideali e di speranze che li pervade. Vittorio è un politico trasformista senza spina dorsale e pare voler andare solo dove trova un minimo di consenso. Elena vive solo di sesso e pare disinteressarsi di tutto il resto per non soffrirne. Camillo ha compreso la decadenza che affligge il suo ideale comunista e non si sente rappresentato dal PCI e si lascia andare ad atti politici clamorosi che, spesso, si rivelano piuttosto inutili e velleitari. Carlo sembra un socialista coerente, fa discorsi anticapitalistici ed antiborghesi, ma pare che anch'egli non si senta più rappresentato dal suo partito (specialmente dopo la candidatura nel PSU del ricco Vittorio, che detesta) e pare compiere le sue azioni con mero automatismo; dalla sua espressione pietrosa e dalla sua voce spenta, si legge un grande sconforto; uno sconforto che cerca di riempire attraverso il sesso con Elena (quando tra i due scoppia la scintilla) ed alle speranze di sposarla per racimolare qualche soldo. Tutto ciò sembra assai squallido per un socialista come Carlo, ma ci sono altri motivi per vivere, quando i tuoi ideali vengono sfruttati e svuotati in modo così ipocrita?
E quando Elena resta incinta di Carlo e vorrebbe abortire, Carlo si oppone. Per amore della vita? Macché! Altrimenti, non potrebbe sposarla e se non la sposa non ottiene una lira. Vittorio, invece, aiuta la sorella nei suoi intenti. Strano per un cattolico così perbenista (seppur progressista moderato).
Bellocchio riesce quindi a criticare aspramente la falsità del riformismo del centrosinistra (DC, PSI, PSDI, PRI) che vorrebbe far convivere, con enorme ipocrisia, il povero col ricco, il progressista col moderato ecc. ecc. Mostrandoci questo riformismo come velletario e dedito, unicamente, a racimolare voti. Ci mostra una politica svuotata d'ideali e di speranze, che vive d'automatismo e di parole vuote, che spinge i cittadini alla disperazione interiore e che ha condotto, inesorabilmente, al presente che ben conosciamo (per questo dicevo che il film è profetico). A dimostrazione di ciò, Bellocchio ci mostra una sinistra riformista che deve ricorrere a ricchi borghesi trasformisti e che viene derisa dal proletariato quando fa i discorsi in piazza (memorabile il discorso di Vittorio, che finisce con la distruzione della sua macchina). Ma Bellocchio critica anche i comunisti condannati all'opposizione ed all'immobilismo e magari anche fieri di esserlo, costringendo alcuni giovani vogliosi di azione (Camillo ed i suoi) ad atti clamorosi che non hanno nessun seguito.
E' un'umanità disperata quella de La Cina è vicina. Un'umanità alienata da tutto, un'umanità che ha smarrito il proprio io, un'umanità senza speranze che, però, non dispera mai chiaramente. Un'umanità che si nasconde dietro la cordialità e l'educazione, ma che deve, inesorabilmente, ricorrere al sesso ed ai soldi per avere un misero modo per tirare avanti. E' una rappresentazione geniale e lucida di una società in decadenza, una decadenza che oggi sembra aver raggiunto il culmine. Ma Bellocchio ce la rappresenta senza mai far ricorso esplicito al dramma, anzi usando uno spirito caustico, talvolta grottesco, che riesce benissimo a comunicarci l'assurdità dei vari personaggi.
Il finale, apparentemente lieto, nella sua semplicità, nasconde tutta la tragedia della nostra società (non solo quella di provincia), con tutte le sue opprimenti tradizioni e tutte le sue istituzioni repressive. Ed il disagio di un'umanità che ormai, per realizzarsi, non può rifuggire dall'avidità e dallo stordimento sessuale.
Tabellino dei punteggi di Film Tv ritmo:3 impegno:3 tensione:2 erotismo:1

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