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Notte italiana

Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Notte italiana

di degoffro
8 stelle

"Non sarà mica onesto lei?" chiede tra il sarcastico ed il sorpreso l'imprenditore Alvise Tornova, "il meglio dei polli e delle uova", i cui stabilimenti di polli danno lavoro a quasi tutti gli abitanti del posto. La domanda è rivolta all'avvocato Otello Morsiani, inviato sul delta del Po su incarico dell'assessore Melandri e grazie all'intervento, apparentemente disinteressato, dell'amico Checco, per seguire l'espropriazione di duemila ettari della zona, di proprietà di Vittorio Romanini, ormai impazzito e di cui l'assessore è stato nominato tutore. Le foci del Po, infatti, stanno per diventare un grande parco naturale. Otello capisce subito che il compito affidatogli è meno semplice di quanto appaia, ma soprattutto si rende conto che la gente del posto, e non solo, ha più di un interesse, tutt'altro che lecito, su quei terreni. Le sue indagini portano a galla una complessa vicenda di speculazione edilizia in cui è coinvolto anche l'amico Checco e le sporche manovre del Tornova nello sfruttare di nascosto pozzi in apparente disuso per fornire metano a basso costo ai propri stabilimenti. Già in passato Tornova aveva eliminato un ispettore minerario che aveva scoperto i suoi disonesti intrallazzi (come rivela il bell'incipit in bianco e nero). Ora anche la vita di Otello è in pericolo, ma in suo aiuto interviene la giovane Daria, "viva, appassionata, intelligente", proprietaria di un distributore di benzina del posto e della quale si è invaghito, nonostante le iniziale reticenze della ragazza, sospettosa nei confronti dei forestieri a causa del suo oscuro passato (forse ex terrorista come dichiara l'assessore Melandri ad Otello quando lo incarica altresì di pedinare la giovane, consegnandogli una sua fotografia). La resa dei conti avviene in una notte buia e tempestosa nella quale Otello scopre che coinvolto nei crimini di Tornova è anche Italo, il padre di Daria, uomo con il quale era in precedenza entrato in amichevole confidenza. L'esordio alla regia di Carlo Mazzacurati (prima produzione di Nanni Moretti e Angelo Barbagallo) è una folgorazione. Con uno stile che diventerà poi il suo tratto distintivo, pacato, asciutto, intelligente, mai gridato, lucido e profondamente umano, Carlo ritrae la società italiana maneggiona, traffichina, arrogante e cialtrona degli ambiziosi ed opportunisti anni 80, triste specchio purtroppo, dell'Italia di oggi (e qui stanno la grande modernità e forza del film, degno erede della migliore commedia all'italiana, sia pure dietro le sembianze di un quasi noir). Il tutto senza ricorrere a facili macchiette, banali stereotipi, risaputi luoghi comuni, gratuite volgarità o inutili eccessi narrativi. Il film di Mazzacurati scorre come un fiume tranquillo, lento ma mai noioso o didascalico, sobrio ed elegante, senza essere pigro, freddo né pretenzioso. Con una lodevole attenzione nell'evidenziare il caratteristico contesto ambientale e nel tratteggiare i diversi personaggi, senza rinunciare alla giusta dose di ironia. Si pensi allo zingaro imbroglione interpretato da Roberto Citran, poi protagonista assoluto di altri due film di Mazzacurati, "Il prete bello" e "Il toro", alla locandiera che puntualmente curiosa negli oggetti personali del protagonista, all'episodio del giovane punk che ha rubato al protagonista l'autoradio e che porta Otello a dire, dopo avere recuperato la radio a suon di soldi, "Li adoro questi giovani: belli, essenziali, mai una parola di troppo!". Indovinata e sorprendente svolta thriller nel finale, grazie ad una sceneggiatura calibrata, sapiente, classica. Lo sguardo del regista, all'apparenza sornione, bonario, affettuoso, quasi compiacente, è in realtà incisivo, sferzante, amarissimo. Mazzacurati ci parla della estrema difficoltà a rimanere integri, onesti, coerenti in un mondo corrotto e corruttibile, ipocrita e speculatore, a costo anche di sacrificare denaro facile, offerto al protagonista in modo sfacciato e disinvolto dal faccendiere Tornova e soprattutto amicizie di lungo corso (emblematica la sequenza in cui l'amico Checco, scoperto nei suoi loschi intrallazzi cerca di recuperare facendo leva sul suo rapporto di vecchia data con Otello, ricorrendo a quelle tipiche frasi che dovrebbero tranquillizzargli la coscienza del tipo "Lo fanno tutti", "Vuoi dei soldi?" o "Da quant'è che siamo amici?"). Meglio dunque stare comodi sul divano di casa accanto alla fidanzata mentre il piccolo figlio di lei legge entusiasta "L'isola del tesoro": un'esistenza magari più umile e senza ambizioni ma serena ed in pace con se stessi. Tornando allora alla domanda iniziale del Tornova, quel "Non sarà mica onesto lei?", la risposta del pignolo e rompiballe Otello (così viene definito dal disonesto geometra Paschero), è la più semplice e spontanea, ma anche la più efficace: "Ci provo signor Tornova!". Peccato che la maggior parte delle persone non ci provi nemmeno a essere onesta, tanto, come dice Checco nel giustificare le sue squallide azioni, disinteressandosi degli effetti deleteri che possono avere, "Se non ci fossi stato io ci sarebbe stato qualcun altro: noi questo paese lo facciamo funzionare!". Un atroce dubbio che più che altro è una rassegnata certezza: ma per far funzionare questo benedetto paese bisogna per forza essere imbroglioni, meschini, raggiratori e marpioni? Calza davvero a pennello allora la storia dello scorpione e della rana, raccontata da Otello a Tornova: dopo che lo scorpione ha chiesto alla rana di caricarlo sul suo dorso per attraversare il fiume, assicurandole che non l'avrebbe punta, a metà del percorso punge la rana, che chiede allo scorpione perché l'ha fatto. "Scusa è più forte di me: è il mio carattere!" è l'inequivocabile risposta dello scorpione. Già, forse è tutta questione di carattere. Alla felice riuscita contribuisce il perfetto cast di quasi sconosciuti in cui spiccano l'ottimo Marco Messeri (premiato con il Globo d'oro come miglior attore) e la brava Giulia Boschi, all'epoca reduce dal successo del bel "Da grande" con Renato Pozzetto. Una menzione speciale merita però anche Mario Adorf nei panni del viscido Tornova, uno che ha fatto i soldi, abile nel risparmiare anche sulla benzina, andando in folle dove ci sono i falsi piani, perché, come lui stesso dice, "io non butto via nulla, neanche le 10 Lire. Sono avaro...sono avaro perché amo la libertà. Un quattrino in tasca in più è un quattrino di libertà in più. Io lavoro ogni giorno, mai una festa, zitto senza lamentarmi!". Notevole l'accompagnamento musicale firmato da Fiorenzo Carpi. Momenti poetici: il saluto di Otello al suo pastore maremanno con cui passa le giornate e lasciato in un canile prima di partire per il viaggio nel Polesine; la gita in barca con Italo e la affannosa rincorsa di un'oca dispettosa da parte di Otello e di alcuni bambini. Battuta da ricordare, rivolta da Otello a Daria, a proposito dell'impatto che l'uomo ha avuto con quei posti: "Lo sai che avevo paura di venire quaggiù? Pensavo di trovarci l'inferno, il freddo, l'umido e la palude...E infatti ci sono!" Nastro d'argento e Ciak d'oro per il miglior regista esordiente. Aiuto regista è Corso Salani. Nei titoli di coda ringraziati, tra gli altri, Daniele Luchetti e Enzo Monteleone. Scritto dal regista con Franco Bernini.
Voto: 7 e mezzo.

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