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Diario del saccheggio

Regia di Fernando E. Solanas vedi scheda film

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La recensione su Diario del saccheggio

di barabbovich
10 stelle

Dopo la feroce dittatura degli anni '70 e la discutibile gestione del presidente Alfonsin, negli anni '90 l'Argentina fu portata sul baratro dal doppio mandato presidenziale di Menem. Nel primo film di una trilogia dedicata alla tragedia miscosciuta di un popolo passato dal ruolo guida dell'intero Sudamerica negli anni '60 (quando erano gli italiani a migrare) alla dipendenza dal Fondo Monetario Internazionale, Solanas ricostruisce quegli anni terribili, non ancora del tutto accantonati. Gli strumenti di regia sono le interviste alla gente comune, i pareri esperti, le testimonianze d'epoca, le immagini di repertorio, il montaggio efficacissimo costruito su una scansione in dieci capitoli, le carrellate con la steadycam nei faraonici palazzi del potere. I contenuti sono pari a quelli della più scottante delle inchieste di un Michael Moore in versione gaucho: la crisi che sfociò - dopo una serie di altre manifestazioni a getto continuo - nella oceanica rivolta spontanea del dicembre del 2001 (che costrinse il presidente De La Rua, successore di Menem, alle dimissioni) ha radici che affondano nel passato coloniale del paese. Si parte da accordi stipulati con gli Stati Uniti nel 1922 e si arriva, passando per gli anni terribili della dittatura militare e dei desaparecidos, al saccheggio dei beni dello stato in nome del neo-liberismo e della globalizzazione. Con l'illusione di ridurre l'inflazione equiparando il peso al dollaro, Memen diede inizio a una vendita a prezzi stracciati delle principali industrie nazionali: quella telefonica, quella petrolifera e quella elettrica. Risultato: tasso di interesse al 50% annuo, debito estero schizzato a 130 miliardi di dollari, disoccupazione al 20%, allargamento della forbice tra una minoranza di ricchi e una maggioranza di indigenti. Effetti collaterali: mafiocrazia, arricchimento delle banche private, traffico di armi, repressioni durissime contro la popolazione. Il tutto reso possibile da un uso scaltro del potere mediatico, dalla connivenza dei sindacati e dal sostegno (interessantissimo) degli Stati Uniti (in Patagonia c'è uno dei giacimenti petroliferi più grandi del mondo, svenduto ai privati a 1/10 del prezzo indicato da una commissione esperta). Solanas evita il vittimismo, dirige con assoluta sobrietà un documentario durissimo che vuole farsi memoria e lascia parlare soprattutto le immagini: che sono quelle di folle immense e disperate, dei piqueteros arrabbiati, dei risparmiatori ingannati, dei bambini delle favelas che rovistano nell'immondizia, delle Madres che durante le marce e la manifestazioni urlano il loro dolore in prima linea sfidando la polizia a cavallo e i mezzi blindati: roba da far venire le lacrime agli occhi. El pueblo unido jamas serà vencido.

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