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Le cinque chiavi del terrore

Regia di Freddie Francis vedi scheda film

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La recensione su Le cinque chiavi del terrore

di Decks
6 stelle

E' la Amicus, società fondata in Gran Bretagna da Max Rosenberg e Milton Subotsky, a produrre questo lungometraggio horror affidato alla regia di Freddie Francis: una casa di produzione specializzata soprattutto in corti episodi horror, filosofia che si riscontra anche in questo film, uno dei primi prodotti della società che unisce cinque diversi capitoli e storie.

Ciò che li unisce è un treno e un cartomante, due mezzi: uno pubblico, uno strumento di lettura del futuro le cui destinazioni e identità di entrambi ci sono ignote. A niente servono le parole di uno dei passeggeri, lentamente tutti finiranno per sottostare al fascino dei discorsi del dottor Shock (Shrek nella versione originale), una sottospecie di oracolo, le cui predizioni sono tutte estremamente negative e soprannaturali, narrate attraverso carte prettamente simboliche. Ma il colpo di genio non sta tanto nella realizzazione delle storie paranormali, quanto nel finale. Dove le parole di Christopher Lee non saranno più così errate, visto che il gioco di quel "tristo" cartomante era solo un'esposizione del passato dei protagonisti, che al contrario del futuro è ormai impossibile cambiare. Un passato che fa acquistare senso al perché di quel loro viaggio verso un tetro limbo che li attende.

 

Se dunque inizio e finale sono originali e interessanti, è ciò che si trova in mezzo che spesso non convince o non riesce a mantenere quel tasso di orrore e ironia che caratterizza il film. Analizzando dunque uno a uno gli episodi che compongono il lungometraggio ve ne sono due ben realizzati contro tre che purtroppo non affascinano quanto gli altri.

Su tutti sicuramente quello con Christopher Lee come protagonista. Lee è un interprete perfetto, ormai non vi sono più dubbi, la sua figura di critico d'arte ridicolizzato e ossessionato dal vedersi smontare tutto il suo credo in uno stile artistico, lo portano a compiere un orrendo atto. La mano della vittima sarà, oltre che il mezzo con cui si manifesta l'arte della pittura, un tramite vendicativo e desideroso di morte, a tratti persino comico. L'altro episodio è invece quello dell'uomo lupo, che non raggiunge, né per spessore né per interpreti, la bellezza dell'episodio di Christopher Lee, ma che ha una messa in scena e un gioco nel non mostrare l'orribile bestia davvero apprezzabili (nonostante lo spettatore del XXI secolo si accorga fin da subito quale sia la sua vera identità).

Gli altri tre episodi invece non reggono il confronto con gli altri due. Sutherland, dimostra buone capacità recitative, ma la storia in cui è coinvolto, è frettolosa, con un finale da horror di serie z, e un ritmo piatto. Stessa cosa per la pianta mostruosa, ove una buona atmosfera claustrofobica non riesce a rendere credibile le interpretazioni degli attori e il modo di combattere una pianta striminzita annunciata come nuova specie in grado di creare un'apocalisse. E' però l'episodio del Voodoo il più debole: attori mediocri accompagnano una storia le cui ventate (letteralmente) fanno solo sorridere lo spettatore nel migliore dei modi, se non tediarlo.
Non sono le uniche note dolenti purtroppo, la regia troppo statica e soprattutto acerba, non aiuta a mantenere un giusto ritmo, finendo per essere solo un altro elemento che rende gli episodi ancor più deboli. Le musiche non invecchiano bene, risultano datate e mal eseguite, come le sceneggiature, troppo irreali, con frasi fatte e (troppo) sentite.

Un lungometraggio che mescola bene i suoi ingredienti, creando un film sì simbolico, ma che purtroppo ha degli aspetti tecnici imperdonabili e alcuni dei suoi episodi mal realizzati, che fanno perdere tutto il piacere che si ha nel seguire questo viaggio attraverso l'Acheronte di cinque ignari viaggiatori.

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