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Rosso sangue

Regia di Leos Carax vedi scheda film

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La recensione su Rosso sangue

di joseba
8 stelle

Parigi, futuro prossimo: il virus STBO, morbo che colpisce tutti quelli che fanno l'amore senza amore, sta mietendo vittime su vittime. La prima compagnia che riesce a isolare l'agente patogeno, in un laboratorio installato al cinquantaseiesimo piano di un grattacielo, è la Darley-Wilkinson. Una casa farmaceutica straniera commissiona tuttavia a Marc (Michel Piccoli) e Hans (Hans Meyer) il furto del campione di virus, ma i due vecchi gangster hanno bisogno di qualcuno svelto di mano e si rivolgono ad Alex (Denis Lavant), giovane scassinatore figlio di un loro vecchio amico e complice. Il piano deve essere messo in pratica molto velocemente, poiché Marc è incalzato dall'Americana (Carroll Brooks), donna scaltra e senza scrupoli che esige la riscossione di un ingente debito. Film strettamente imparentato a "Détective" di Jean-Luc Godard (non solo per la prossimità cronologica e per la presenza di Julie Delpy), "Rosso sangue" è il secondo lungometraggio del ventiseienne Leos Carax (classe 1960). Nonostante le inconfondibili marche di autorialità, "Mauvais sang" può essere letto come un noir con spiccate componenti mélo: se l'ambientazione prevalentemente notturna e il piano criminoso collocano il film nel solco del noir, la storia d'amore contrastato tra Alex e Anna (Juliette Binoche), giovane compagna di Marc, sposta la vicenda nei territori del mélo. Fin qui niente di nuovo, insomma: noir e mélo sono spesso andati a braccetto, basti pensare a uno dei prototipi del genere, "Vertigine" ("Laura", 1944) di Otto Preminger. Ciò che rende "Rosso sangue" singolare e al tempo stesso significativo per la geografia del genere è il fatto che le due anime del film non sono giustapposte o alternate, ma sono letteralmente saldate insieme: l'ambiguità del noir si trasferisce nell'universo interiore dei personaggi, facendo dei loro sentimenti degli enigmi e delle loro relazioni una ricerca. Anna dice di Mark: "Quando l'ho conosciuto mi ha guardato subito con quei suoi occhi penetranti, da ricercatore. Come una cosa preziosa, come se fossi stata la soluzione di qualcosa, di una cosa segreta e misteriosa... che c'era già in fondo a lui. E che è sempre là e alla quale certe volte io mi avvicino il più possibile, ma spesso è lontana anni luce da me. E' spossante, non ho più un attimo per me, è la mia vita quella cosa. E' come una specie di enigma che avvolge lui e me insieme, tutti e due complici". L'interiorizzazione dell'ambiguità nel sentire dei personaggi si accompagna all'implosione dell'iconografia noir in forme disarticolate, veri e propri spaccati fisiognomico-fumettistici sui volti e sulle espressioni dei personaggi. Parallelamente la metropoli come classico luogo del mistero viene smembrata e rimpiazzata da una spazialità astratta che inverte la relazione tra città e corpi: non sono più questi ultimi a collocarsi in un contesto urbano che li trascende e contiene, ma è una Parigi sfigurata a fornire frammenti di sé come maschere e costumi dei protagonisti (non a caso frequentemente ripresi a torso nudo). In questo senso, portando il noir ai limiti della deriva estetica, "Mauvais sang" si apparenta alla ricerca di "Détective": come il film di Godard delegava l'attribuzione del genere all'attività ludica dello spettatore (la metafora del tavolo da biliardo), così la pellicola di Carax trasporta i tratti distintivi del genere (l'ambiguità, il segreto, il mistero) nella dimensione sentimentale dei personaggi, identificando totalmente noir e mélo. Su questa base ibrida si innestano poi altri percorsi tematici: il micidiale virus STBO è una versione iperbolica dell'AIDS (siamo in pieni anni Ottanta e nel film non mancano inviti a usare il preservativo), la lotta tra compagnie farmaceutiche per la scoperta del vaccino stigmatizza l'avidità capitalistica, la fuga iniziale di Alex dalla sedicenne Lise (Julie Delpy) dice tutta l'ansia di vivere la vita con generosità e la banda di gangster che accoglie il giovane fuggiasco rappresenta un chiaro elogio all'amicizia. Ma al di là di queste traiettorie semantiche, Sangue rosso resta impresso per aver portato al punto di fusione noir e mélo, per la furibonda destrutturazione figurativa e per l'audacia di certi dialoghi al limite del comico involontario. Splendidi cameo di Hugo Pratt nei panni di Boris, uno scagnozzo della Americana, e di Serge Reggiani in quelli di Charlie, direttore di un club di paracadutismo vicino a Parigi.

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