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Guai ai vinti

Regia di Raffaello Matarazzo vedi scheda film

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La recensione su Guai ai vinti

di mm40
6 stelle

Due donne italiane vengono stuprate dai soldati austriaci durante la prima guerra mondiale; pur vivendo entrambe lo stesso dramma, una sceglierà di tenere il frutto della violenza, mentre l’altra si ribellerà come può alla situazione.

Tratto dal romanzo Vae victis! di Annie Vivanti, Guai ai vinti è un titolo abbastanza particolare all’interno della folta filmografia di Raffaello Matarazzo. Il regista capostipite del melodramma all’italiana visse una stagione di superlavoro nel corso degli anni Cinquanta e, fra una storia romantica e l’altra, trovò il tempo e il modo di realizzare anche questa pellicola dal palese intento divulgativo. Già la lunga avvertenza iniziale ricorda l’importanza dei contenuti del lavoro, demonizzando la pratica degli stupri di guerra e invitando al tempo stesso gli spettatori a non banalizzare gli specifici eventi raccontati nel film e a non ricondurre l’odiosa suddetta pratica esclusivamente ai soldati austriaci o al primo conflitto mondiale. Oltretutto Guai ai vinti si sofferma in maniera spesso molto convincente sulle psicologie femminili dimostrando una sensibilità di cui il cinema – e l’opinione pubblica nostrana – dell’epoca indubbiamente non disponevano. Lea Padovani e Anna Maria Ferrero sono le due ottime protagoniste; al loro fianco ci sono fra gli altri Clelia Matania, Camillo Pilotto, Emilio Cigoli, Pierre Cressoy e la piccola Paola Quattrini. Ma i nomi più rilevanti sono quelli sul copione, che reca oltre alla firma del regista quelle di Giovanna Soria, Piero Pierotti e, inaspettatamente, Mario Monicelli e Achille Campanile, in una delle sue rarissime apparizioni sui titoli del grande schermo. La storia è straziante eppure credibile, l’unica pecca è forse un certo didascalismo nei caratteri dei personaggi, a partire ovviamente dall’evidente (e fin troppo) contrapposizione fra le due donne centrali della vicenda. 6/10.

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