Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
L'inizio tra le montagne nebbiose, l'accoglienza notturna del nuovo venuto, l'inizio della convivenza, che si preannuncia, fin dall'inizio, tutt'altro che foriera di pace... Una comunità quasi unita, messa in crisi dall'arrivo di un "forestiero", accolto, con la sua famiglia giovane, soprattutto grazie all'intervento delle menti più illuminate del villaggio (il politico e l'artista)... Qual è il problema, allora? Il villaggio chiuso a riccio, in stile "The Wicker Man", che stenta ad aprirsi all'esterno, cullandosi nell'aria rarefatta della montagna e sul ricordo caro della beffa perpetrata in tempo di guerra contro i tedeschi, oppure l'ex professore di liceo francese, improvvisatosi pastore di capre, un po' come un manager di Wall Street potrebbe, all'improvviso, ritirarsi in un monastero buddista del Nepal? Forse tutti e due: è lo scontro fra culture, che si verifica quando nessuno sa più rinunciare al proprio "particulare", che sia rappresentato (perché poi, almeno per noi italiani, è sempre qualcosa di più) da un roseto, una legnaia, o da un semplice prato d'erba inutilizzato da anni. Giorgio Diritti è un regista, esordiente nel lungometraggio d'invenzione, di scuola olmiana, e si vede. Come Olmi, ama i paesaggi alpestri, i silenzi, i linguaggi arcani; come Olmi ha, allo stesso tempo l'occhio del documentarista e del regista pubblicitario. E come la maggior parte dei film di Olmi, "Il vento fa il suo giro" funziona, anche se il finale poteva forse essere forse più originale, piuttosto che prevedere la solita morte purificatrice dell'innocente di turno. La poesia letta dal sindaco alle esequie è, in ogni caso, molto bella ed è un invito all'incontro e all'accoglienza, a pensare l'umanità non come una somma di individui, ma in quanto vera comunità, dotata di una sola volontà, che può scaturire dal minimo comune multiplo costituito dall'uomo che è dentro ciascuno. Perché il vento fa il suo giro e tutto torna a succedere... Insomma, il film non è un capolavoro, ma forse è nato un Autore.
Un professore improvvisatosi pastore di capre si sposta dai Pirenei alle Alpi piemontesi ed è causa di scompiglio in un tranquillo villaggio di montagna in cui si parla ancora l'antica lingua occitana.
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