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The Breed. La razza del male

Regia di Nicholas Mastandrea vedi scheda film

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La recensione su The Breed. La razza del male

di scapigliato
8 stelle

Il miglior amico dell’uomo. Una volta, magari. “The Breed” non è il primo, e non sarà l’ultimo, dei beast-movie o animal-horror che hanno come minaccia il mansueto cane. Dal ’76 con “Dogs” fino al recentissimo “Rottweiller” di Brian Yuzna, passando per l’apice del filone negli anni ’80, arriviamo con “The Breed” ad un gran bel film, divertente, ben fatto, solido e con idee visive e narrative ben girate. Si sa, nel cinema la componente più importante è quella visiva, mentre quella narrativa può anche esser messa in secondo piano, mentre la componente effettistica fa da tappabuchi. Nel film dell’aiutoregista di Wes Craven, Mastandrea, non ci sono effetti speciali digitali. I cani sono veri e non fatti al computer, e questo conferisce al film il valore aggiunto rispetto a tanti monster-movie che privilegiano il digitale inbaroccando il fim a scapito del Cinema puro, fatto di sensazioni ed emozioni irrazionali che si sublimano attraverso una rappresentazione del reale, e non del reale stesso. “The Breed” lo fa egreggiamente. Dapprima è molto sporco, coinvolgendo lo spettatore in una selva primitiva dove a vincere è l’istinto sulla ragione. Poi insinua lievemente qualche sottotesto più intimo che però rimane solo lì, in superficie. Per esempio il rapporto tra i due fratelli. Nemici-amici per questioni sessuali. C’è di mezzo un padre morto, una ex-ragazza, il confronto tutto testosterone sul proprio ruolo maschio all’interno del microcosmo in cui vivono. É ovvio che si passi ad un conflitto esterno, esplicato da frecciatine e sguardi “cagneschi”. Ma è un sottotesto che come detto rimane lì, a far da sfondo e basta. Così come la freccia scoccata da uno dei due fratelli contro la ex ragazza, ora fidanzata del fratellino acqua e sapone, il davvero bravo Eric Lively. Ok che l’incidente arriva dopo il tentativo del fratellone tenebroso di liberare l’ex ragazza dalla morsa di un cane assassino, ma è anche vero che Freud ci scriverebbe un libro sul fatto. Però anche questo rimane sullo sfondo, privilegiando la tantissima e bellissima azione, tutta vera, che coinvolge i protagonisti e la “razza del male” del titolo.

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