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Volver

Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film

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La recensione su Volver

di FilmTv Rivista
8 stelle

«Ti sei tagliata?» chiede Emilio, un vicino di casa, a Raimunda che ha il collo sporco di sangue. «No», risponde lei. «Cose di donne», e gli chiude la porta in faccia perché in cucina ha il cadavere di un altro uomo, accoltellato. E Volver, il nuovo, carnale film di Pedro Almodóvar, è appunto “cose di donne”. Gli uomini appaiono incidentalmente e spariscono in fretta, spesso eliminati brutalmente, ma non prima che abbiano procurato danni irreversibili alle vite delle loro donne. Che poi continueranno a piangerli e, forse, a rimpiangerli, ma andranno avanti, immerse nella solidarietà del loro umorale, sensuale, nervoso universo femminile. Il femminile riempie lo schermo fin dalla sequenza dei titoli, una carrellata da destra a sinistra, sulle tombe di un cimitero di paese accudite da donne che spazzano le tombe, portano fiori e secchi d’acqua, mentre il vento cerca di vanificare il loro lavoro e uno spedito paso doble riempie la colonna sonora. È Spagna contadina oggi e Italia anni ’50, Anna Magnani in Bellissima e Sophia Loren ciociara e pizzaiola, Penélope Cruz tutta occhi, energia, tette e culo, neri e colori chiassosi, vestagliette a fiori da mettere sopra gli abiti per fare i lavori di casa e gambaletti di nylon trasparente. Tutti i riti paesani che si mescolano con i tocchi cittadini assorbiti dalle due sorelle che se ne sono andate a Madrid: Raimunda e Sole, Penélope Cruz e Lola Dueñas, una madre di famiglia sposata a un disoccupato che finisce per aprire un ristorante clandestino e una “parrucchiera clandestina”, che lavora in nero, a casa, con il lavatesta appoggiato alla vasca da bagno. E che spesso, con la figlia adolescente di Raimunda, tornano nel loro paese della Mancha (che a causa del vento ha il più alto tasso d’incendi e di pazzi della Spagna), per andare a trovare la zia Paula, vecchia e mezza cieca, che chissà come riesce a vivere sola nella sua casa enorme. Certo, la vicina, Augustina, un po’ grigia e un po’ spenta, le bussa tutte le mattine e le porta il pane; ma in paese si mormora che ci sia qualcun altro ad aiutarla: il fantasma di Irene, la mamma delle protagoniste, morta anni prima in un incendio, abbracciata al marito. Infatti, Irene ritorna, a dischiudere segreti e a risistemare cose lasciate in sospeso, a parlare con le figlie e ad assistere le donne di famiglia più sole. Ma per prima cosa, quando esce dal bagagliaio dell’auto nel quale si è nascosta, con la valigia di fibra piena dei quattro tesori di famiglia, la giacchetta all’uncinetto stretta al petto e gli immancabili gambaletti, la nonna fantasma, femminilmente, chiede alla figlia parrucchiera un colore e un taglio di capelli. Sublime Carmen Maura (di nuovo con Almodóvar, diciott’anni dopo Donne sull’orlo di una crisi di nervi), dimessa e accorata, comica e tragica. È lei, la “avuela” Irene, la chiave di volta e, letteralmente, la personificazione del tono e del senso del film: una commedia popolare nella quale si piange molto, o un dramma familiare dagli echi antichi disseminato da scene di comicità irresistibile. Concretissimo, nei colori, negli umori, nei cibi preparati con lo stesso coltello da cucina con il quale un uomo è stato ucciso (e ne valeva la pena), nei corpi stordenti o insignificanti delle protagoniste, nei loro sentimenti, ricordi, azioni, Volver è anche un film completamente surreale, nel quale un fantasma si materializza al punto che, per sottrarsi agli sguardi indiscreti, deve nascondersi sotto il letto, e gli omicidi non lasciano tracce nelle coscienze, ma solo tombe seminate in giro, e la morte, che domina fin dalla prima inquadratura, finisce per essere solo un aspetto (anche se sostanzialmente incomprensibile) della vita. Gli sguardi si intrecciano in campo controcampo, madri e figlie si parlano, sedute fianco a fianco su una panchina, di notte, o alla tavola apparecchiata della cucina, i mulini a vento della Mancha segnano i ritorni al paese, un primo piano fissa le lacrime negli occhi di Penélope Cruz o la consapevolezza in quelli di Carmen Maura: Almodóvar ormai ha la grande semplicità dei classici.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 21 del 2006

Autore: Emanuela Martini

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