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Led Zeppelin - The Song Remains the Same

Regia di Peter Clifton, Joe Massot vedi scheda film

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La recensione su Led Zeppelin - The Song Remains the Same

di GIANNISV66
8 stelle

1968: per una serie di vicende fortuite Jimmy Page, talentuoso chitarrista e rinomato session man (suo l'assolo di chitarra nella straordinaria versione di With a Little Help from My Friends reinventata da Joe Cocker), si ritrova tra le mani un contratto per una turnè in Scandinavia con la sua band, gli Yardbirds. Peccato che questi non esistevano più e Page dovette ingegnarsi per mettere su un gruppo in grado di essere l'altezza dell'impegno.
Aderiscono al progetto Robert Plant, sconosciuto esordiente di Birmingham, su indicazione di Terry Reid (che era stata la prima scelta di Page), il batterista John Bonzo Bonham, amico di Plant, e a completare l'organico un altro straordinario session man e polistrumentista, John Paul Jones.
Da quei New Yardbirds nacquero i Led Zeppelin (nome, vuole la leggenda, suggerito da Keith Moon degli Who), una delle band fondamentali nella storia del rock.
1973: i Led Zeppelin suonano per tre serate al Madison Square Garden di New York di fronte a una folla adorante. Le registrazioni di quelle esibizioni costituiscono la base per il film uscito tre anni dopo e relativo album.
The Song Remains The Same è l'apoteosi della band inglese e al tempo stesso ne delimita l'azione e la capacità innovativa. Se il repertorio è quello dei classici e se la qualità complessiva è di altissimo livello (aiutata anche dall'inserimento di immagini molto evocative, che vedono i quattro musicisti inseriti in scenari fantastici o alternativi, collegati anche all'alone di leggenda che segue la band, con presunti riferimenti a pratiche esoteriche e influenze sataniche), non mancano peraltro di suscitare qualche perplessità (e chi scrive, tengo a sottolinearlo, è un fan della band da quando aveva l'età per seguire la musica rock – parliamo di oltre trent'anni fa …...sigh!) gli eccessivi barocchismi che spiazzano soprattutto se rapportati alla linearità degli album degli Zeppelin.
In particolare risulta poco comprensibile nell'economia complessiva dell'opera una Dazed and Confused in versione iper-allungata (oltre 26 minuti) e viene da chiedersi se non fosse stato meglio dare spazio a classici esclusi dalla scaletta, ma rimasti nel cuore dei fan, come la struggente Tangerine, la sconquassante Communication Breakdown (scritta nel 1968, e che ancora oggi stupisce per la potenza devastante), la dolcissima Thank You, o ancora Immigrant Song, che fa rivivere il mito dei Vichinghi, e Since I've Been Loving You.
Naturalmente questo non inficia sul fatto che questa pellicola resta un must per tutti i veri discepoli del Rock e se non l'avete ancora vista, beh allora correte ai ripari!
Chiudiamo con una curiosità: nella versione su vinile (oggi si dovrebbe dire “su dischetto”, ma preferisco riferirmi al caro vecchio padellone) è presente Celebration Day in sostituzione di Black Dog, presente nella pellicola.

Sulla colonna sonora

Ovviamente (c'è da dirlo?) dei Led Zeppelin. Ricordo ancora quando un mio compagno di classe al Liceo portò l'album, una copertina nera con un'immagine al centro, aprivi la doppia copertina e si apriva un mondo. Indubbiamente la qualità del CD è un'altra cosa.....ma il fascino del vinile è proprio di un'altra dimensione!

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