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Le particelle elementari

Regia di Oskar Röhler vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Le particelle elementari

di ROTOTOM
8 stelle

Il romanzo omonimo di Houellebecq rientra in quel genere di romanzi giudicati dalla critica come maledetti, molto spesso senza essere neppure letti. Oppure una volta letti giudicati intraducibili per il grande schermo, come se l’effettivo valore dello scritto si riconoscesse solo in una trasposizione cinematografica. Stessa sorte di American Psycho, Il pasto nudo, ad esempio. La trasposizione cinematografica va detto, è sempre un taglio visivo, una messa in scena per forza di cose parziale rispetto alle parole scritte che posseggono sempre più forza e potenza evocativa in quanto rielaborazione personale delle suggestioni indotte e filtrate dalla soggettiva formazione culturale, morale, ideologica di chi legge. Lo schermo è una di queste interpretazioni soggettive. Non a caso si suole dire che il film è sempre più deludente del libro, è un postulato. Ora, per chi ha amato nel romanzo la dirompente forza scardinatrice di certezze, il piede di porco della convenzione, il crick del comune senso del pudore e l’abbandono di ogni remora nella mancanza di ogni paura nel parlare di temi come il sessismo e il razzismo resterà con l’amaro in bocca. Ma troppo facile sarebbe stato accatastare immagini shock fini a sé stesse e forse inutili poiché tutto questo, il libro lo dichiara in maniera inconfutabile, è il mezzo per la ricerca della felicità, è l’errare umano alla ricerca della verità della vita che ci è propria, qualsiasi essa sia a dispetto di qualsiasi convenzione. Andare all’indietro o all’indentro sé stessi scindendosi fino alla particella elementare che rappresenta l’essenza dell’essere e che in quanto verità non è più scindibile. E’ così umanissima e dolorosa la via che porta i protagonisti, fratellastri e figli di una comune madre assente e hippy alla ricerca della propria porzione di verità, la scissione delle proprie certezze in parti sempre più piccole e di dolore in dolore raggiungere quell’equilibrio che fa di un uomo un essere completo. Il registro del film è dunque l’equilibrio tra tragedia e commedia, tra la fredda e asessuata vita di Michael scienziato che mira alla riproduzione di organismi viventi senza il contatto dei corpi e vive di conseguenza senza mai aver avuto alcun rapporto con il sesso opposto e il fratellastro Bruno insegnante instabile di mente, ossessionato dal sesso che in una comunità di naturalisti troverà la propria compagna in grado di soddisfarlo. La vita dei due fratelli scorre parallela con pochi punti d’incontro ma per entrambi il passare attraverso il dolore sarà l’atto estremo, di rottura verso le loro pulsioni, l’azzeramento delle vite fino ad allora trascorse per ricominciare dal proprio essere elementare come due particelle semplici in attesa di ricombinarsi. Michael per una strana legge del contrappasso ritorna con la fiamma dell’adolescenza che lo ha aspettato ma che non potrà per una malattia donargli il figlio che portava in grembo. Bruno finalmente troverà la propria pace nella follia, nella letterale materializzazione dei suoi sogni. L’estremo nichilismo di Houellebecq è stemperato in un melò agrodolce che commuove e diverte, intelligentemente diretto senza necessariamente inseguire le provocazioni e l’onda della morbosa curiosità dettata dal successo del libro ma piuttosto cercando un proprio registro filmico che potesse vivere autonomamente, convogliando i molteplici temi espressi verso un punto comune, rivestendo la storia con i tessuti scomodi del cinismo ma senza mai perdere di vista i protagonisti e le loro vite. Quello che risulta è quindi un buon film, complesso, ricco di sfumature e spunti di riflessione, ispirato e sorretto dalle ottime interpretazioni dei quattro protagonisti.

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