Regia di Sergio Corbucci vedi scheda film
Probabilmente il miglior spaghetti western dopo i capolavori di Leone. Se Django Unchained di Tarantino corrisponde al Django di Corbucci in quanto a visione più scanzonata dell'intrattenimento (seppur nel vecchio Django fosse già assente qualsiasi rapporto d'amicizia o amoroso), questo Il grande silenzio corrisponde allo stesso approccio più lento e crepuscolare che abbiamo visto in The Hateful Eight. Ed è proprio a questo film che Tarantino dev'essersi maggiormente ispirato per la sua ultima opera. La neve che seppellisce ogni cosa, le diligenze sperdute fra le montagne che portano in carico soggetti poco raccomandabili, il sangue che tinge di rosso tutto quel bianco. E' la storia di un uomo che vive in solitudine (Silenzio) che non ha mai l'opportunità di esprimere le proprie opinioni, ma che modestamente dimostra senso di lealtà e prova un profondo amore. E' anche la storia di un uomo cinico fra i cinici (Tigrero) che una volta messo a tacere l'unico rappresentante della giustizia prende personalmente in mano la legge e arbitra sulla vita o la morte degli altri. La conclusione è tragica, Tigrero e i suoi colleghi potranno continuare a eseguire la loro distorta concezione di giustizia, riempiendosi le tasche di soldi e facendola franca per chissà quale ennesima volta, dirigendosi chissà dove, assolti dai venti della tormenta.
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