Regia di Juan Antonio Bardem vedi scheda film
CICLO - IL CINEMA DELLA SOLITUDINE SENTIMENTALE - INCEL, FEMCEL ED ALTRI SOFFERENTI PER AMORE
1# L'EREDITIERA DI WILLIAM WYLER (1949): LA PRIMA FEMCEL //www.filmtv.it/film/15910/l-ereditiera/recensioni/938289/
2# NESSUNO MI SALVERA' DI EDWARD DMYTRYK (1952): LA SALUTE MENTALE NEGATA //www.filmtv.it/film/31968/nessuno-mi-salvera/recensioni/1050847/#rfr:user-96297
3# MARTY - VITA DI UN TIMIDO DI DILBERT MANN (1955): L'ORIGINE DELL'INCEL E DELLA FEMCEL //www.filmtv.it/film/4184/marty-vita-di-un-timido/recensioni/1051519/#rfr:user-96297
4# TEMPO D'ESTATE DI DAVID LEAN (1955): L'AMORE AI TEMPI DELLA GARDENIA //www.filmtv.it/film/7045/tempo-d-estate/recensioni/931643/#rfr:user-96297
5# CALLE MAYOR DI JUAN ANTONIO BARDEM (1956): UN MASCHILE MESCHINO/UN FEMMINILE RASSEGNATO
"In un piccolo paese della Spagna, un gruppo d'amici decide di fare una scommessa: Juan, uno di loro, dovrà far credere di volere sposare la zitella ufficiale del paese, Isabel. La donna s'illude della sincerità di Juan, ma a un certo punto quest'ultimo comincia a credere che lo scherzo si sia spinto troppo in là"
La strada principale di un paese di provincia, ne racchiude l’anima. Nel via vai della circolazione in doppio senso, si snodano lungo il percorso le principali attività e luoghi d’interesse del luogo; i più importanti la chiesa (emblema della tradizione), il casinò (simbolo di svago) e il treno (icona di un possibile cambiamento). Attorno a questi opposti, si sviluppa “Calle Mayor” di Juan Antonio Bardem (1956), un dramma ispirato nei toni e nella scrittura ai “Vitelloni” di Federico Fellini (1953). A differenza dell’opera italiana, si mettono da parte la leggerezza goliardica mescolata con un forte intimismo poetico, a favore di un’atmosfera seria e un’analisi socio-antropologica della realtà provinciale, ritratta in tutta la meschina mentalità. La vita in questo piccolo paese, scorre secondo ordinari ritmi e rituali.
Una meccanicizzazione di azioni continuamente ripetute giorno dopo giorno, che divengono di fatto “il paese tutto il paese”, come enunciato da Federico (Yves Massard), la voce intellettuale del gruppo dei “vitelloni”. La sua figura è quella di un regista travestitasi da personaggio filmico. Ha visto Madrid lui. Questo gli conferisce una conoscenza del mondo assai più ampia, ma i suoi pensieri sono tesi, che lasciano il tempo che trovano.
Inutile retaggio di un cinema “civile” di posizione “anti-franchista”. Espressione da intendersi nel senso peggiore del termine in quanto pedante, didascalico e al giorno d’oggi un po’ datato, seppur comprensibile e scusabile per via dell’astio di Bardem contro il regime di Francisco Franco, costatagli varie volte la censura delle sue pellicole e talvolta la prigione.
“Calle Mayor” risplende nella sua analisi antropologica di una società immersa in una quotidianità fatta di noia. Gli scherzi architettati da questi “vitelloni” - di cui alcuni sono anche sposati -, sono decisamente cattivi, in quanto “giocano” puerilmente con tabù come la morte e i sentimenti delle persone.
Isabel Castro (Betsy Blair), diventa bersaglio del loro distorto senso di divertimento. Obbligano uno di loro, il bel Juan (Josè Suarez), ad avvicinarsi alla donna, per sedurla e chiederle di sposarla, piantandola poi al momento del fidanzamento ufficiale davanti a tutto il paese. Tutto questo per farsi grasse risate alle spalle di lei, sperando così di interrompere anche solo per un attimo la routine statica.
Il ciclo della solitudine sentimentale, porta a doversi soffermare sulla figura della trentacinquenne Isabel, tutta casa e chiesa. Ritorna nei panni della “zitella” non scelta da nessuno Betsy Blair, voluta dal regista, dopo aver visto “Marty - Vita di un Timido” di Dielbert Mann (1955) a Cannes. L’attrice americana accetta, portando questa volta un ritratto di una “femcel”, molto differente dalla “Clara” della pellicola dell’anno precedente.
Nella realtà di provincia una donna in età avanzata - 35 anni negli anni 50’ in un paese, avevano un peso assai diverso da quello di oggi -, diventa oggetto di quotidiana denigrazione da parte dell’opprimente sguardo altrui. In un piccolo posto dove tutti si conoscono, non ci si può sottrarre dal giudizio della “Calle Mayor”. Le camminate di Isabel dalla casa alla chiesa, divengono il tragitto di un condannato a morte verso il patibolo dell’opinione pubblica.
Avvicinata da Juan, la donna ha modo di far conoscere un po’ di sé stessa allo spettatore. L’intenso monologo di Betsy Blair, viene pronunciato su una piccola altura, dove sotto di essa scorre in fiume. Nasce un contrasto stridente, tra la stasi di “femcel” bloccata nella propria condizione e l’acqua che scorre, in un dinamismo tanto agognato ma negatale di fatto.
La donna si chiede perché non sia mai riuscita a sposarsi come le sue coetanee.
Non si sente troppo brutta, men che meno poco interessante o intelligente. Ma allora “perché?”. In questa c’è una domanda capace di accomunare tutti gli incel/femcel ad un certo punto della propria vita. Il mondo attorno prosegue nell’andare avanti, mentre Isabel rimane ferma, lacerandosi continuamente tra dubbi e perplessità senza risposta (“mistero” affermerà in modo laconico).
Interrogandosi sul presente, la donna proietta la propria condizione di infelicità, in un futuro senza speranza, dovuto al troppo tempo trascorso. Di anni ne ha 35, se anche riuscisse a diventare subito madre per un colpo del destino, ne avrebbe 36 a quel punto. Sarebbe “una madre vecchia” e questo la rende triste.
Questo sottile lavoro di scrittura psicologica da parte di Bardem, porta a trattare della problematica delle occasioni mancate e dei tanti anni passati, senza vivere determinate tappe fondamentali. Non c’è un’età univoca in cui dover avere una relazione sentimentale o una famiglia, ma mancare questi traguardi, porta l’individuo in una condizione di forte disagio psicologico. Una sofferenza oltre la genitorialità assente, oltre il sesso mai fatto, oltre il legame emotivo con l’altro non sperimentato.
Isabel proietta la sua frustrazione da maternità mancata, in attività quotidiane come il gruppo di teatro, dove le hanno assegnato la parte della madre. Un contrappasso crudele in cui nel ruolo affidatale, vede concretizzarsi il dolore di non poter mai essere una mamma.
Il conflitto non è più solo esterno - lo stigma sociale delle altre donne nei suoi confronti, le risate alle spalle del gruppo dei “vitelloni” del paese e le pressioni della famiglia in merito alla sua età per diventare moglie -, aggiungendosi per la prima volta nella storia del cinema, uno scontro interno al personaggio costretto alla solitudine per scelta altrui, senza che questo lo porti a commettere violente derive anti-sociali.
Il finto amore di Juan, provoca in Isabel un ingenuo iper-romanticismo, dovuto alla sua mancanza di esperienze sentimentali pregresse.
Il cinema del meschino artifizio messo in piedi da Juan e compagni, diventa atto di accusa contro le numerose false immagini del cinema; su tutte quelle dei film americani, con le loro cucine “bianche, pulite e stupende”. Propaganda dell’immaginario capitalista-democratico al pari della colonizzazione culturale del regime franchista, smantellata da un film aspramente critico nei confronti dei sociali propugnati dalla dittatura ma di fatto inesistenti nei fatti, invece di una mera contestazione politica - questo fa di “Calle Mayor” un’opera decisamente superiore rispetto al precedente “Gli Egoisti” (1955) - .
La realtà viene accantonata a favore dei sogni della mente, che incasellano la donna in un ruolo passivizzante - Isabel non lavora perché ritenuto sconveniente dalla famiglia, quindi la sua indipendenza non può che passare attraverso un uomo -.
Alla felicità di Isabel per un sentimento mai provato concretamente – ripeterà ossessivamente “Ti Amo” -, si alterna nel montaggio la sofferenza di Juan, per uno scherzo trascinatasi troppo oltre. Ad un maschile meschino, si contrappone un femminile rassegnato nello stereotipo voluto dalla società; restare in attesa di un uomo. Il treno per chi ha vissuto nella stasi di una condizione cronicizzatasi, è un pericoloso salto verso un cambiamento impossibile, prima ancora da affrontare anche solo concepire.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta