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Il Caimano

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Il Caimano

di PompiereFI
6 stelle

2006. L’Italia non è pronta per convolare a nozze. Anche perché potrebbe festeggiarle solo coi fichi secchi. Il Paese è in realtà in forte crisi sentimentale. Soffre di mancanza di identità, non sa da quale parte stare, dove e come schierarsi. Si perde in storie assurde raccontate prima di andare a letto, in una specie di tentativo di cerimoniale rassicurante al quale abbrancarsi per non sprofondare. Per risolvere la crisi ci vorrebbe l’aiuto di un filosofo, di uno psicologo, una nuova idea, un film.

Perché pure l’istituzione familiare è davvero in pericolo, compromessa da rapporti sentimentali in bilico, che stanno per spezzarsi. Sotto il peso di non si sa bene cosa. All’apparenza. Quel che è sicuro, è che è andata perduta la percezione nell’avvertire ogni minimo rumore ambiguo, di quelli che sembrano niente e poi fanno crollare le pareti delle case. Povera, buffa italietta aggrappata alle schifezze della tv, dilaniata dai lavaggi del cervello che hanno condotto all’indifferenza verso il sistema politico. Un’attualità che ha instillato il nulla dentro molte coscienze, gradite all’instabilità sociale imperante. Una sofferenza amara, onorevolmente assimilata dal senso del dolore tutto italico, un popolo fatto di coraggiosi ed eroi intrepidi. Almeno nel passato.

Nell’oggi del 2006 invece soffre da almeno quindici anni di sinusite: non sente più quello che mangia, ingerisce il cibo più schifoso che abbia mai assunto. E c’è poco da fare gli schizzinosi, i soldi stanno finendo. Oltre alle abitazioni, anche le linee di pensiero sono franate. Contro ogni genere di ideologia economicistica, seppure fosse marxista-leninista. Rimangono solo i mattoncini dei Lego, che ci avvolgono protettivi come cumuli di ritagli di giornale in “cari diari” di qualche anno fa.
Moretti non trova molto di che nutrirsi. Probabilmente l’urgenza di dire qualcosa di definitivo, di eclatante, su quella figura politica da lui tanto osteggiata, frena l’ispirazione artistica. Allegorie fin troppo scoperte si alternano a ritratti su una quotidianità ferita e instabile abilmente descritta. Eccezion fatta per l’inappuntabile, conturbante, altero “discorso” finale.

È il 2006. Il potere e la corruzione del calcio sono cancri assimilabili a quelli politici. Uno scandalo di proporzioni epocali si abbatte su quel mondo sportivo così amato dagli italiani. Quello che meglio li rappresenta. Ne “Il caimano” si vede spesso il pallone: prima gettato da un elicottero, poi fatto rimbalzare in una piscina vuota e infine fatto scontrare con la mobilia in una camera d’albergo. C’è tempo per dibattere su chi sia il migliore tra Dida e Buffon, e ovviamente la risposta è il portiere del Milan. L’Italia dei disonesti calcistici, una parure di cataratte multistratificate che appannano le individualità, vince il campionato del mondo. La Juventus, squadra più “vecchia” e seguita dal popolo, in un oscuro presagio sul destino della penisola, scende in serie B.

B come Berlusconi.

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