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Il Caimano

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Il Caimano

di spopola
8 stelle

Moretti riesce ad amalgamare i vari piani narrativi (dalla commedia al dramma, dalla realtà alla finzione al sogno) con invidiabile competenza, e questo nonostante la complessità della sceneggiatura che ha pure qualche reminiscenza felliniana. Un film insomma che coinvolge e affascina grazie anche a una resa attoriale di altissimo livello.

Mi sono sentito perduto uscendo dalla visione del Caimano, quasi mi mancasse la terra sotto i piedi, col groppo alla gola, disperato e rabbioso allo stesso tempo e con una sensazione di “sconfitta impotente” che fa davvero male, e non solo per l’apocalittica conclusione che ci viene presentata nell’unica scena di “quel film mai girato” che parla di una “tragedia” della quale purtroppo ciascuno di noi fa parte in maniera diversa (e molti – troppi - ne sono persino responsabili), ci è comunque dentro (o è costretto a starci) e ci sguazza beotamente incosciente senza riuscire nemmeno a percepire (figurarsi poi a prenderne coscienza o a “tentare” di smontarli) quei meccanismi perversi che continuano ad ottunderci la mente e l’intelligenza critica di reazione, rendendoci assuefatti complici decerebralizzati, e come tali incapaci ormai di “distinguere” e “giudicare”, semplicemente appagati delle comparsate assegnateci da chi detiene il “potere” del convincimento mediatico da troppo tempo in atto. Ridurre l’impatto soltanto a questo, significherebbe infatti fare un torto gravissimo all’affresco potente che Moretti ha realizzato (a suo modo ovviamente, secondo la sua particolare concezione di cinema e la sua personale “poetica”, diritto assoluto e prioritario di ogni “autore” degno di questo nome – prendere o lasciare, non ci sono alternative – e dal quale in qualche modo tento di prendere le distanze non essendo io un “Morettiano” convinto capace di riconoscergli sempre e comunque pregi e qualità ad ogni costo), un’amara riflessione critica su come ci siamo ridotti, su questa “incredibile” Italia ormai priva di identità e di considerazione (e seppure evidenzia le responsabilità primarie -(quasi) criminali per la loro devastante portata - di questo decadimento, Moretti non è certamente tenero con nessuno) un paese dove la fanno da padroni i nani, le ballerine e i clown (per non dire qualcosa di peggio) che dominano “un popolo che crede già di aver toccato il fondo del barile e che invece continua a raschiare per andare ancora più giù” senza accorgersi che così finirà per sfondarlo definitivamente. Noi siamo questi purtroppo, senza più connotazioni e radici o appartenenza “classista”, e non c’è nemmeno ancora modo (o tempo) per indignarci (figuriamoci per ribellarsi): possiamo solo prenderne atto con doloroso stupore. Ma ci saranno pure delle responsabilità oggettive per questo imbarbarimento progressivo che devasta le nostre vite, dai rapporti interpersonali, alla famiglia, ad ogni azione che compiamo!!! Non possiamo continuare in eterno a comportarci come degli struzzi, mettendo la testa sotto la sabbia per non vedere o non essere visti!. No davvero, una volta tanto forse Ferrara (ed è triste e terribile ammetterlo) ha ragione quando afferma (ovviamente con motivazioni e intenti opposti ai miei) che “comunque vada, ha vinto “lui””, perché ormai noi siamo “questi”, il berlusconismo ci ha già modificati dall’interno (una “droga” alla quale ci siamo assuefatti e della quale non “possiamo” più fare a meno?), determinando mutazioni genetiche irreversibili che ci costringono a “restare all’inferno”. Guardiamoci intorno con lo stesso coraggio dell’analitica vivisezione operata da Moretti, “visualizzando” i nostri comportamenti (basterebbe solo verificare con coscienza critica quello che succede all’interno del piccolo microcosmo del sito nel quale operiamo per riconoscere il parallelo) e non potremo che constatare con assoluto sgomento che il dado è tratto, siamo ormai in gran parte e nella migliore delle ipotesi, una congrega di arroganti, presuntuosi, assolutisti, egoisti portatori “della verità assoluta” egocentricamente incapaci di ascoltare e di confrontarsi, strenui sostenitori delle proprie idee che tentano di accerchiare da vicino i pochissimi “resistenti” ancora capaci di indignarsi davvero e con ragione, all’interno di una moltitudine dilagante e inarrestabile di zombi, lobotomizzati automi al servizio di una cricca che una volta avevo definito con generoso sarcasmo “Armata Brancaleone” ma che ogni giorno che passa mi sembra sempre più assimilabile a una setta che ha avuto la possibilità di utilizzare i suoi subliminali strumenti persuasivi per affiliare proseliti facendoli diventare ottusi esecutori “senza volontà” privi della capacità della conoscenza e del giudizio. Se ne avessimo tutti conservata soltanto una minima parte infatti, come potremmo davvero riuscire a farci affascinare ancora dal mito di una patetica marionetta, poco più di un imbonitore da fiera, una Vanna Marchi amplificata alla massima potenza, assolutamente analogo nell’inganno e nella mistificazione e che riesce invece ancora a farci acquistare pozioni e misture ben più deleterie e terribili degli innocui elisir d’amore del dottor Dulcamara? Come avremmo potuto confinare le nostre esistenze in questo squallore quotidiano in attesa di nomination senza ribellarci e alzare la voce?. No, davvero la situazione è così aberrante e assurda, talmente “illogica” e incredibilmente grottesca, che gli anticorpi naturali avrebbero sicuramente già avuto la capacità di estirpare da soli la radice malefica e infestante che ha originato e sostiene il processo, se non esistesse la potente forza occulta del denaro (e forse anche qualcos’altro di ben più temibile e pericoloso) a mantenerla attiva e a consentirgli di continuare a corrompere per poter ancora dominare incontrastato la scena (basta vedere a che punto è ridotta l’informazione e tutta la comunicazione mediatica per comprendere cosa intendo dire, basterebbe valutare la crescente feccia di sedicenti giornalisti privi di etica e di dignità che ruota intorno a questo business e che hanno venduto ben più del di dietro alla logica dell’inginocchiatoio per capire quante poche possibilità di salvezza esistono ancora se non riusciamo davvero a dare una sterzata e a tentare di (ri)moralizzare il sistema). Eppure questo non è che il pretesto (anche se è soprattutto di ciò che ci costringono a “discutere” nella terza anomalia italiana dopo Berlusconi e il Papa, che è rappresentata da questo voler per forza “schierare” ogni cosa e ad ogni costo…non solo la politica, ma anche tutto il resto, dalla creazione artistica alle idee espresse, per arrivare….. o ci arriveremo presto andando di questo passo- persino alle funzioni corporali), la causa, l’inevitabile analisi e lo sfondo di un racconto che parla di una crisi generalizzata in un film molto stratificato, che “gioca su più tavoli”, fra finzione e realtà, pubblico e privato e intende sottolineare soprattutto le “perdite”, le “sconfitte” e le “privazioni”, e addirittura i fallimenti (all’interno della famiglia, nel mondo del cinema, nei giochi ludici dell’infanzia, nelle istituzioni… persino nella ossessiva ricerca di un pezzo di Lego, “finalmente” trovato quando non serve più), constatando al contempo la improbabile possibilità, al punto in cui siamo, di “ritrovare” ancora una qualche identità che ci (ri)qualifichi. E’ il Moretti di sempre quello che ci troviamo di fronte: ironico e caustico, amaro e divertente, capace di folgoranti annotazioni a margine, forse più “compatto” e creativo del solito, certamente più maturo e consapevole e una volta tanto meno narcisista. Il suo è un tocco personale riconoscibilissimo, uno “stile” che lo identifica con inequivocabile precisione e senza alcun dubbio possibile, fin dalle primissime immagini, è quel suo modo inimitabile di raccontare “raccontandosi” fra “tic” e “estremizzazioni” che lo rappresenta e lo qualifica, che qui, dopo la parentesi un po’ anomala della Stanza del figlio, ritorna imperiosamente espresso ai massimi livelli sia nel bene (per chi lo ama) che nel male (per chi ne apprezza meno il versante istrionico, non riuscendosi a “riconoscere” pienamente nelle sue qualità sintattiche, nel suo “furbo” modo di “fare cinema”, e non parlo ovviamente degli “oppositori” semplicemente politici che non hanno diritto di cittadinanza e non possono né devono essere presi in considerazione in questo contesto). Sulle “qualità artistiche” dell’opera si sono già espressi in molti e preferisco evitare di soffermarmici ulteriormente, avendo già speso molte parole su altri versanti analogamente prioritari (avrei davvero poco da aggiungere al riguardo, anche perché -ribadisco - io non appartengo alla schiera dei Morettiani d.o.c e potrei per questo avere più di una riserva forse non del tutto pertinente e oggettivizzata, ma che riguarda tutto il modo di approcciarsi al cinema e non solo la sua ultima fatica, di questo anomalo e stimolante regista). Mi limiterò ad osservare che Moretti riesce a dominare e a integrare i vari piani narrativi (dalla commedia al dramma, dalla realtà alla finzione al sogno) con perfezione assoluta e non esistono “scarti” o dissonanze nonostante la complessità della sceneggiatura; che i riferimenti felliniani sono tutti importanti e necessari, e intendono essere molto più di un omaggio citazionistico (rappresentano per altro uno dei segmenti che maggiormente riesce ad affascinare e a “cogliere” l’emozione amara ricollegandosi a “precognizioni” lontane con implacabile logica); che la resa attoriale è di altissimo livello a cominciare da uno strepitoso Orlando, e che ci sono momenti di struggente commozione sottintesa intrisa di un dolore intimo e profondo. Un film che non è assolutamente un proclama politico, ma molto di più e di meglio perché “sappiamo già tutto anche se non volgiamo accorgercene” e non ci sarebbe davvero bisogno che qualcuno ce lo tornasse a ripetere. Ma le due sequenze “documentarie” qui maggiormente dettagliate e amplificate, riescono ad acquisire una valenza “orrorifica” così forte e devastante, senza bisogno di alcuna sottolineatura o commento aggiuntivo, da far restare allibiti e increduli e da rappresentare da sole un proclama e uno stimolo per far (ri)nascere (spero) la voglia di eliminare davvero e per sempre la “vergogna” ritornando finalmente ad essere fieri di essere italiani.

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