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La ragazza dell'acqua

Regia di Jean Renoir vedi scheda film

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La recensione su La ragazza dell'acqua

di OGM
8 stelle

Il primo film che Jean Renoir dirige da solo – un anno dopo Une vie sans joie, realizzato insieme ad Albert Dieudonné – è un favola campestre romantica e selvaggia, in cui l’espressionismo incontra il naturalismo. Paura, violenza, follia sono gli ingredienti di una battaglia primitiva che, cinematograficamente, si disputa tra i volti truci e spigolosi di uomini rozzi e gli occhi spaventati di una ragazza povera e indifesa. Gudule è la figlia del proprietario di un battello fluviale, morto per annegamento dopo essere accidentalmente caduto dalla sua imbarcazione. La perdita dal padre significherà per lei l’inizio di una drammatica peregrinazione attraverso un ambiente rurale dominato dagli istinti più barbari. I suoi nemici sono lo zio Jeff, manesco, egoista ed ubriacone, il fattore Justin, un uomo avido ed arrogante, ed i loro simili che frequentano il bar del paese ed amano fare gli spacconi. La ragazza è costretta a subire la loro volgare irruenza, di fronte alla quale è completamente sola, come lo saranno le protagoniste dei film immediatamente successivi, Nana e la piccola Karen. Gudule è vittima del mondo nel suo complesso: ogni volta che viene soccorsa si ritrova a dover fare da serva a coloro che l’hanno salvata, che siano zingari o proprietari terrieri. Persino gli elementi naturali le si rivoltano contro, a cominciare dall’acqua, che un tempo le dava da vivere, ma poi l’ha tradita, sottraendole l’unico affetto, la casa ed ogni altro bene materiale. Nel corso delle sue vicissitudini, la sventurata sarà aggredita dal fuoco, martoriata dalla terra, battuta dalla pioggia, e soltanto l’aria sarà benevola con lei, sollevandola, almeno nei suoi sogni, dal peso della miseria ed innalzandola al cielo. La componente surreale e fiabesca si inserisce nel racconto  attraverso la visione onirica, come avverrà ne La piccola fiammiferaia (1928). Il volo in sella al cavallo del principe azzurro – che qui è impersonato da Georges Raynal, rampollo di una facoltosa famiglia – ritornerà, di lì a tre anni, a rappresentare l’amore miracoloso, che arriva improvvisamente a riscattare la giovane dalla sua compassionevole condizione. Allora, esattamente come qui e in Sur un air de Charleston (1927), la danza introdurrà, nella storia, la leggerezza femminile come l’ideale antidoto contro la crudeltà che si accanisce sui deboli. La poesia, qui, è la forza, psicologica o sentimentale, che si oppone alla legge del più forte, inventandosi eroismi fantasiosi e fatti in casa, che con pochi mezzi riescono a sconfiggere le minacce dei potenti. Lo straordinario si manifesta, con un’energia magica ma interamente naturale, nell’ordinarietà della vita quotidiana, in mezzo alla gente, come si confà ad una letteratura popolare moderna, sfrondata dei miti medievali di re gloriosi e valorosi condottieri e calata nell’umanità che ci circonda e che – come ci ricorda la premessa del film -  non appartiene a tempi remoti o a contrade lontane, perché è quella a cui passiamo accanto tutti i giorni.  Un coraggio discreto e la resistenza sono le virtù del combattente che lotta duramente senza fare sensazione; le sue gesta non producono clamore anche perché sono faticose imprese che si trascinano per mesi o anni, affrontando tante piccole sfide, che si rinnovano continuamente e non danno tregua. La ragazza dell’acqua è l’avventura ad episodi che non si trasforma in epica, pur condividendone il carattere tumultuoso, basato su uno sviluppo narrativo denso di eventi contrastanti e problematici. Idillio agreste e poema amoroso si contendono il primato su un racconto che, tuttavia, si concede loro soltanto per pochi, fuggevoli istanti. Tutto il resto è lotta per la sopravvivenza, in cui, a farsi romanzo, è la banale fenomenologia dell’esistenza umana. 

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