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Il giuoco del pigiama

Regia di George Abbott vedi scheda film

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La recensione su Il giuoco del pigiama

di Antisistema
7 stelle

Sono uscito fuori dal seminato dei musical considerati belli o comunque che sopravvivono nella memoria del pubblico... e mi sono imbattuto in quel bel film praticamente misconosciuto al giorno d'oggi. Stanley Donen anche al di fuori di Cantando Sotto la Pioggia, resta l'innovatore del genere in tutto e per tutto (basta vedere lo straordinario lavoro nel molto buono Cenerentola a Parigi, nonostante molti elementi di base a sfavore di esso). Il regista (coadiuvato da Abbott che ne aveva curato lo spettacolo a Broodway) come suo solito unisce con sapienza la leggerezza (che non si trasforma mai in superficialità) e l'ironia sarcastica tipica del suo stile e del genere musical, fondendola con un argomento di forte spessore sociale; la lotta sindacali per le rivendicazioni salariali.

 

Sostanzialmente ci troviamo innanzi ad una storia che parla di dipendenti che lavorano in una fabbrica di pigiami e da tempo reclamano un aumento salariale di 7 centesimi e mezzo l'ora, cosa che il boss della fabbrica non vuole concedere per niente, e il neo-responsabile del settore, dovrà vedere come sbrogliare la matassa, ma si ritroverà coinvolto sentimentalmente con il capo del sindacato (Doris Day). Quindi abbiamo il conflitto tra soddisfazione personale di tipo individuale e ragioni di collettiva per via di ovvie convinzioni di stampo ideologico. 

 

L'argomento base è originale in effetti per un musical, solo che il risultato non è perfetto, e ciò credo sia forse dovuto ad una forte contraddizione alla base del genere; in effetti il musical classico per la sua natura positiva e allegra, non poteva reggere un contrasto tra materia nobile e convenzioni dettate dal genere... non se la parte musical predomina troppo e ci si perde eccessivamente dietro alla sdolcinata storia d'amore tra Doris Day e John Raitt (mascellone di buon aspetto, ma piuttosto anonimo nella parte). Comunque sia, il risultato non è per niente disprezzabile alla fine e questo lo distingue dai tanti esponenti del genere. Certo sia chiaro, siamo sempre negli anni 50' e quella che Donen propone è un'idea tutta Hollywoodiana di lotta sindacale (anche se la fotografia è meno carica e satura di colori nelle sequenze della fabbrica dove  predominano colori accesi, ma più anonimi e per questo adeguati al contesto)... non aspettatevi minimamente lo stesso approccio all'argomento di film come La Classe Operaia non và in Paradiso di Elio Petri (1972). Doris Day è la seconda volta che la vedo recitare in un film dopo l'Uomo che Sapeva Troppo di Alfred Hitchcok (1958), e detto sinceramente... non l'ho trovata così cagna o disprezzabile come alcuni utenti mi hanno fatto intendere su questo sito; anzi... c'è da dire che ha anche una voce potente e si trova a suo agio perfettamente con la commedia. Poi certo, l'attrice in questione con quei suoi capelli biondi ultra perfetti, come operaia (e capo sindacale) non è credibile mai e poi mai, ma il musical classico non ha mai avuto pretese di realismo; però dimostra di avere una forte tempra nel carattere che le cosnente di tenere credibilmente testa ai padroni. Ci sono comunque 2-3 numeri che si lasciano ricordare (il latineggiante Hernando's Hideaway) e la narrazione non è incentrata solo sui nostri due protagonisti, ma ha apre 3-4 filoni narrativi secondari. Fà sorridere pensare come sarebbe accolta oggi il personaggio di Carol Haney (una dipendente d'ufficio) che viene letteralmente presa come bersaglio per coltelli, da parte di uno spasimante geloso... inutile dire come finirà tra questi due... così come finirà tra Doris Day e John Raitt.

 

Le coreografie ad opera del futuro regista Bob Fosse sono più statiche del solito rispecchio alla media del genere; data la location e la particolarità dell'opera non si poteva agire diversamente, anche se c'è da dire che nella loro semplicità sono tremendamente moderne e fresche, senza perdere in eleganza (Steam Heat spacca è il primo capolavoro coreografico di Fosse e anticipa lo stile di Michael Jackson), risultando flessibili ed applicabili ovunque; passando dagli spazi stretti ed angusti dei macchinari logoranti ed alienanti per i dipendenti sino alle ampiepraterie verdi con annesso laghetto nel pic-nic aziendale. 

In tutto questo, può notare la prospettiva tutta americana su tale argomento: Non esistono molte tutele per i lavoratori (si può venire licenziati ad nutum), il diverso modo di concepire la protesta sindacale, ed è interessante notare come i dipendenti non rivendichino un aumento salariale come ricompensa per il giusto lavoro che fanno, ma lo vogliono perché fantasticano poi come potranno spendere tali soldi anche a distanza di tempo... in sostanza, sono vittime del consumismo sfrenato americano (lungimirante è la canzone Sette Centesimi e mezzo in proposito). Ovviamente tutto si risolve all'americana, con la classe operaia e padroni sfruttatori (e anche arraffoni) che troveranno un compromesso per il bene dell'azienda, evitendo così derive troppo sovversive. 

Che dire... un musical di sinistra da riscoprire  tanto da essere lodato anche da Jean Luc Goddard. Alla luce di ciò che ho detto ci terrei a ripetere di non aspettarsi super profondità sull'argomento in questione e come qualità non è minimamente al livello di un Cantando Sotto la Pioggia, ma si avvicina come qualità complessiva al buon lavoro di Cenerentola a Parigi, anche se rispetto a quel film, questo è "molto più coreografato". 

 

Doris Day, John Raitt

Il giuoco del pigiama (1957): Doris Day, John Raitt

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