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Trevico-Torino... Viaggio nel Fiat-Nam

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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La recensione su Trevico-Torino... Viaggio nel Fiat-Nam

di sasso67
8 stelle

Più interessante che bello, il film con il quale Scola affronta, con qualche anno di ritardo, il periodo della contestazione e delle lotte, è di difficile classificazione. Tuttavia, considerato poco proficuo il problema della classificazione di un film come questo, si deve rilevare il suo interesse soprattutto nella sua parte più prettamente documentaria (la prima), dove è mostrato lo spaesamento del paesano del Sud appena giunto nella metropoli industriale del Nord. Vitale e trasudante verità quando mostra i pellegrinaggi del protagonista (un Paolo Turco abbastanza diverso dal cliché del meridionale inurbato della nostra cinematografia) tra la stazione, i dormitori, i centri d’accoglienza e i luoghi di ritrovo degli immigrati, Trevico – Torino si perde un po’ nella descrizione della relazione impossibile tra lui e la borghese contestatrice Vicky. Pur esitando spesso tra l’aspetto propagandistico (fu prodotto dalla casa cinematografica dell’allora PCI) e qualche svolazzo di regia, il film di Scola non manca di sottolineare alcuni punti importanti della vicenda umana di chi abbandonava il proprio mondo (anche piccolo e antico, per dirla con Fogazzaro) per cercare fortuna e lavoro nella grande fabbrica, come lo sfruttamento, che comincia con il menefreghismo dell’azienda che non si occupa del problema alloggiativo degli operai e del governo che nemmeno li informa che una legge garantisce loro il viaggio in treno gratuito, e come la necessità di una presa di coscienza, individuale e collettiva, della condizione assai precaria del lavoratore. Questo è uno di quei film all’epoca mal distribuiti, oggi scomparsi, che anche ai nostri tempi ha una sua ragione d’esistere, quanto meno per il suo valore documentario. Di “Fiat-Nam”, purtroppo, se ne vede poco, perché la grande fabbrica vietò l’ingresso della macchina da presa dentro gli stabilimenti. Ma forse, proprio come in Viet Nam, il nemico è più pericoloso quando non si vede, anche se si sa che c’è.

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