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Il sole

Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film

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La recensione su Il sole

di Decks
9 stelle

Tutti gli uomini sono fratelli, come il mare che bagna tutto il mondo; quindi perché il vento e le onde si scagliano con violenza ovunque?

 

L'ultimo capitolo della trilogia sul potere di Sokurov è incentrato su un personaggio, che per noi occidentali, è più sconosciuto di Hitler o Lenin; un piccolo gentleman, che alterna il berretto militare al cilindro da cerimonia, con movenze à la charlot e una passione per le scienze naturali. L'imperatore Hirohito.

Dalla descrizione non si direbbe che questo omino triste e vagamente comico sia il diretto discendente della dea Sole Amaterasu, eppure, ci troviamo di fronte ad uno dei pochi uomini che ha posseduto il potere predestinato; uno dei pochi semi-costretto ad abbandonare di sua volonta questo suo status divino, il sole che egli stesso incarnava.

 

Sokurov porta sul grande schermo un protagonista dai mille risvolti, approfondito e scandagliato con minuziosità, non tanto nell'aspetto storiografico, ma in quello psicologico: il risultato è un imperatore, non impegnato in dogmi e ordinanze, ma che pensa, ragiona e filosofa sul potere e tutte le sue sfacettature. Pensieri, che senza, o poche, forme di dialogo si marchiano a fuoco anche nel nostro cervello; assorbiti a poco a poco da molteplici dubbi e interrogativi.

Hirohito vive e non vive nella completa solitudine: servito e riverito continuamente, si alterna i ruoli di imperatore e pensatore, non riuscendo a comprendere gli uomini come la sua amata biologia; divagando inutilmente tra poesie del nonno, fenomeni boreali e album di icone hollywoodiane.

 

La grandezza di Sokurov, però, non sta nell'aver rappresentato con un realismo unico l'ex imperatore con tutti i suoi tic e preoccupazioni, ma quello di aver ricostruito intorno ad esso eventi e fatti storici, non solo attendibili, ma capaci di far comprendere la situazione del Giappone nei suoi anni più bui: la dichiarazione della natura non divina dell'imperatore, l'indefesso patriottismo nipponico, l'inizio dell'occidentalizzazione. Tutti temi mostrati attraverso una singola inquadratura o una frase, riuscendo a catapultarci negli anni del 1945-1946 meglio di centinaia di sequenze.

Oltre a queste vi è il percorso di Hirohito, non solo di carattere introspettivo, ma di veridicità storica: inizialmente oppresso, pensieroso e inetto verso competenze ideologiche o amministrative, subisce una trasformazione nella seconda parte della pellicola: più leggero e meno succube di quell'innata autorità divina; ripudiando servitù e carattere divino, accettando simboliche tavolette di cioccolato e scatti fotografici per il bene dei suoi figli del Giappone; delle sequenze splendide da parte di Sokurov per forma e significato.

 

Partecipe della grande riuscita dell'opera è anche Issey Ogata: non solo fisicamente simile all'ex imperatore nipponico, ma capace di ricopiare movenze, manie nervose ed espressività pensierose al suo personaggio, conferendogli un realismo unico e ottimamente realizzato, tanto che sarà difficile distinguerlo dalle vere foto del Tenn?.

Perfetta è anche la fotografia del regista russo: intorno a Hirohito viene posta un aura quasi spettrale, ante mortem, quasi a confermare l'irreparabile caduta del potere e della psiche di quest'uomo sconfitto. Mai i raggi solari prendono possesso dalla scena: perennemente scalzati da una luce crepuscolare che offusca ogni cosa; toni scuri che rappresentano la situazione del paese del sol levante, il quale in questa parte di storia si ritrova, invece, costantemente calante; proprio come lo è Hirohito, che anzichè essere il portatore dell'Era Showa (era dell'età illuminata) è portatore di due conflitti mondiali e distruzione.

La regia di Sokurov è posata e ragionata, immobile la sua cinepresa che decide di lasciar spazio ai simbolismi e alla maestria di Ogata nel rappresentare momenti e azioni del suo personaggio "divino"; capace di indurre una sensazione claustrofobica nelle riprese all'interno del bunker: pareti che rinchiudono, non solo lo spettatore, ma anche Hirohito in quelle incombenze così onerose. Rigorosa e splendidamente schematica e coerente.

 

Vero è, che con una simile tecnica di ripresa lo scorrere degli eventi può davvero risultare pesante, soprattutto agli spettatori meno abituati. Abbiamo di fronte, infatti, un'esperienza più letteraria che visiva.

Inoltre, Sokurov rappresenta il suo Hirohito ben più attenuato di quanto la storia non voglia, forzando persino la rappresentazione di un disilluso cinico o un inconscio umorista, marcando davvero eccessivamente queste particolarità.

 

Si può discutere per ore di questo meraviglioso film: sia per temi riguardanti il potere e le proprie responsabilità, o persino tratti storici riguardanti la nazione del Giappone: pronta a sacrificare fino all'ultimo bambino e usare cani kamikaze pur di mantenere quell'onore e quella superiorità divina rispetto le altre nazioni del mondo.

Riuscitissima e bellissima opera di un sole che per la prima volta nella sua vita sarà costretto a tramontare anzichè levarsi.

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