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Il sole

Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il sole

di ed wood
8 stelle

Il cinema di Sokurov è uno dei più spiazzanti, criptici, ostici ed avvincenti della nostra epoca. Ed è tanto più difficile da comprendere, sia nelle sfumature sia nel significato ultimo, quanto più trasparente, lineare e "neutro" all'apparenza. In quest'ottica, "Il Sole" è un film esemplare. Tutto sembra lì da cogliere, sulla superficie di immagini virate su tonalità irreali, e invece c'è sempre qualcosa che rimane nascosto, come inafferrabile. E' il fascino di Sokurov. Fatta questa premessa,  a mio parere, "Il Sole" si pone più o meno sul livello di "Moloch", nella Trilogia sul Potere, mentre "Toro" fu una cocente delusione, per quanto era sfocato, poco ispirato, un po' presuntuoso nel voler insistere per tutto il film su quella tonalità indaco e piuttosto arduo per chi non conosce tutti i dettagli della tarda era leniniana. Curioso che Sokurov abbia "fallito" proprio trattando la Storia del suo Paese, ma credo sia un caso: al di là delle nazioni e della natura dei regimi (Hitler, Lenin, Hirohito: 3 diversi modi di ottenere ed esercitare il Potere Assoluto), ciò che interessa a Sokurov è penetrare fra le pieghe della Storia, cogliere il privato dietro al pubblico, l'umano dietro al disumano, il ridicolo dietro al drammatico, la forza liberatoria della poesia dietro all'oppressione della politica. Così si spiega la piattezza di una fotografia che pare voler livellare sullo stesso tono ogni componente dell'immagine: in questa superficie indistinta, sorgono come "epifanie" gli slanci poetici, e la malinconia di un'esistenza destinata al Nulla squarcia discretamente il conformismo esteriore. La prima sequenza del "Sole" chiarisce subito l'impronta dell'opera: si passa da un'inquadratura all'altra tramite piccole dissolvenze, e senza soluzione di continuità il "divino Imperatore" appare come insignificante entità, quasi un complemento d'arredo. "Altezza!" esclamano più volte i suoi servi: peccato che Sokurov offra a questi ultimi il centro dell'inquadratura o riprese dal basso all'alto, confinando il povero sovrano in uno spicchio decentrato d'immagine! Questo ribaltamento di prospettiva, operato con una messinscena mai esibizionistica, è del tutto primo di sottolineature, rivelando in maniera del tutto naturale l'essenza banalmente umana del "divino" (o presunto tale). Quando poi un servo detta a Hirohito il programma della giornata, come se si trattasse di un ordine, non abbiamo più dubbi sulle intenzioni di Sokurov. Ci sono tanti modi per leggere la Storia: quello didattico-simbolico di Eisenstein, quello critico-romantico di Visconti etc...C'è anche quello di Sokurov, che inventa di sana pianta un nuovo sguardo sul passato, mescolando un paradossale realismo di fondo, una garbata vena grottesca-satirica, la tentazione visionaria (quell'oca che starnazza nel giardino dell'Imperatore), la multimedialità (omaggi alla pittura, ma anche al cinema, e non solo Charlot), la poesia esistenzialista. Sokurov pensa alla Storia, immaginandone i risvolti più insoliti, ma forse proprio per queto più decisivi. Come nell'Arca Russa, c'era il sogno, l'immaginazione del passato russo, così è nella Trilogia. Il "Sole" è ricco di momenti memorabili, come tutti gli incontri di Hirohito con l'arrogante generale americano, dove Sokurov, grazie alle sue subdole abilità dialettiche, accosta l'imperialismo fantasticato dal Giappone a quello realmente praticato dagli USA. Disarmante la sequenza del reportage fotografico, che dovrebbe far sorridere e invece agghiaccia. Ricca di spunti, per come coinvolge discorsi sul rapporto fra Arte e Scienza, quella del dialogo fra Hirohito e il professore di biologia, a proposito di aurore boreali a Tokio! Poesia pura invece il finale, con Hirohito (il "Sole") al chiaror di Luna, ad abdicare (inutilmente, come dimostra la feroce battuta conclusiva) al suo ruolo di Dio in terra. Un plauso anche all'attore protagonista: il suo Imperatore, col tic alle labbra che lo fa "parlare" senza emettere alcuna parola, maschera di impotenza cosmica, resterà uno dei personaggi più memorabili del cinema contemporeaneo.

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