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Il sole

Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film

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La recensione su Il sole

di Peppe Comune
9 stelle

Dopo l'arrivo degli americani capeggiati dal generale MacArthur, l'Imperatore del Giappone Hirohito (interpretato da Issey Ogata), per porre fine alla seconda guerra mondiale, decide di firmare la resa e comunica via radio la decisione di spogliarsi delle sue prerogative divine.

Con "Solnze", Aleksandr Sokurov conclude la sua “trilogia del potere” (che conoscerà poi un suo “ideale” corollario nella figura del “Faust”) e dopo"Moloch" e "Taurus", sulle figure, rispettivamente, di Hitler e Lenin, ecco un film imperniato sull'Imperatore Hiroito, discendente diretto della Dea Sole Amaterasu. Quella dell’autore russo mi sembra una disamina sui “grandi uomini” di potere colti nell’atto più sincero delle rispettive esistenze, quando l’intimità delle proprie più nascoste debolezze sono sottratte dallo sguardo ammonitore della grande storia, quando, presi atto che il loro tempo sta per concludersi, agognano addirittura una "normalizzazione" della loro vita. Chiaramente le differenze tra di loro sono tante, dettate tanto dai diversi contesti storici e sociali quanto dalle loro diversissime personalità (occorre soprattutto ricordare che, mentre Hitler e Hiroito sono stati dei terribili capi di Stato, Lenin è stato essenzialmente un teorico), ma ciò che accomuna la trilogia è l'intenzione di Sokurov di rimarcare al cinema quella "Banalità del male" già nota in letteratura per il celebre saggio di Hannah Arendt. Più che sulle dinamiche del potere (che li renderebbe film storici in senso stretto), credo che la trilogia si soffermi più sul concetto di potere in se, sul suo dare e togliere prestigio in relazione agli sviluppi dei fatti storici e che in tempi di crisi ci restituisce dei potenti spogliati della loro innata tracotanza. Come la Arendt, Sokurov sembra suggerirci che, a scrutarli  nell'intimo, questi grandi della terra si scoprono più dei capi burocrati che dei filosofi del male e che l'intrinseca pericolosità sociale che si associa alle loro figure deriva più dalla banalità di scoprirli molto somiglianti alle persone ordinarie che nell'eccezionalità della loro posizione di comando. Nello specifico, in un ambiente ovattato e clausrtofobico, assolutamente impermeabile rispetto alla storia che si sta compiendo oltre le sue mura, Sokurov indaga i tormenti di un Imperatore schiacciato dal peso di un ruolo che si vuole di natura divina e dalla consapevolezza che per dare un futuro al suo popolo deve accettare il progetto di riforma imposto dagli americani. Ma le vicende che porteranno il Giappone a mutare il suo posizionamento geopolitico sono a latere rispetto all'indagine introspettiva sull'Imperatore, che è quello che tenta di fare Sokurov trasformando la macchina da presa in scandaglio dell’animo, appiccicandosi ad Hiroito con ossessiva precisione analitica per seguirlo passo passo mentre si addentra nei pensieri inconfessati della sua storia domestica. Sembra anche simpatico quest'ometto con baffetti, pieno di tic, esile e aggraziato, appassionato di biologia marina, di poesia e collezionista di foto dei divi di Hollywood, quando invece (urge sottolinearlo) ha assecondato senza remore i crimini nazisti e ha formato "l'asse del male" alleandosi con Hitler e Mussolini allo scoppio della seconda guerra mondiale. A riprova (sempre secondo me) che ciò che interessa Sokurov è mostrare il potere in relazione alla dimensione intima del suo detentore, quando è l'uomo in quanto tale, non più quello a comando di una nazione, a venirci restituito in tutta la sua nudità, con le sue debolezze e le sue passioni, quelle che l'eccezionalità del ruolo che si ricopre tiene subordinate all'esteriorità delle incombenze ufficiali. Nel bunker impenetrabile, Hirohito e i suoi fedeli servitori aspettano sull’orlo della fine, sembrano inscenare una danza macabra sulle rovine di una nazione tanto il loro incedere è goffo e artificioso. Hiroito è infastidito dalla venerazione di cui viene ancora fatto oggetto, sembra cogliere tutta la gratuità di questa ormai inutile venerazione. Sembra anche soddisfatto di spogliarsi del fardello consegnatogli dalla storia millenaria del suo paese, di essere il tramite di una cesura epocale per il Giappone. Ha voglia di congedarsi Hirohito, e in fondo, l'indugiare insistito di Sokurov sulla sua decisione di rinunciare alla disumanità di un potere che ha esercitato per molti anni, somiglia alla sconfitta del potere che nasce dalla degenerazione del suo dissennato esercizio. Grande la prova d'attore di Issey Ogata e notevole l'impianto scenografico per un film di grande pregio stilistico ed eleganza formale di uno dei massimi maestri del cinema contemporaneo.

 

 

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