Espandi menu
cerca
I giorni del cielo

Regia di Terrence Malick vedi scheda film

Recensioni

L'autore

IlCinefilorosso

IlCinefilorosso

Iscritto dal 24 maggio 2019 Vai al suo profilo
  • Seguaci 4
  • Post -
  • Recensioni 3
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I giorni del cielo

di IlCinefilorosso
7 stelle

Con I giorni del cielo Terrence Malick si sposta verso il territorio del melò, pur iniziando un discorso propedeutico alla sua successiva poetica. Meno seminale rispetto al precedente Badlands, che si poneva come film-limite della New Hollywood e trascinava il road movie al grado zero, Days of Heaven rimane un'opera di straordinaria magnificenza.

Partendo dal modello imbastito con Badlands, Terrence Malick ri-scrive le problematiche giovanili dell'epoca adottando però un registro differente. Se con il suo primo lungometraggio veniva infatti decostruito il road movie a favore di un superamento delle conformità della tradizione cinematografica americana, qui, coerentemente a quel lavoro di distaccamento poetico dal cinema neo e post classico, egli continua a rielaborare ontologicamente il dualismo uomo-natura, segnato dall'incapacità di decifrare il suo senso ultimo, ma facendo ruotare tutto il discorso attorno ad un triangolo amoroso (quello di Bill, Abby e Chuck). In Badlands Kit e Holly non scappavano dalle loro vite per andare alla ricerca della libertà, e il deserto non era spazio di fuga, bensì territorio inospitale dai confini invalicabili, che astraeva e riportava la propria forma ad una valenza simbolica, quel vuoto in cui gli stessi protagonisti vivevano, privi di emozione ed empatia (Kit che uccide senza alcun tipo di ripensamento, Holly che osserva le sue azioni quasi come spettatrice curiosa e disinteressata ad un qualsiasi tipo di intervento..). Quel girovagare insistente nel deserto diventava la loro nuova forma di vita, era il caso a muovere i due personaggi, non un desiderio o una voglia di riscatto. Nei Giorni del cielo il rapporto uomo-natura viene invece osservato sotto un punto di vista differente, poiché lo spazio assume un significato diverso. Laddove in Badlands veniva messo in scena un teatro dell'assurdo, con l'inospitale deserto che rappresentava il vuoto interiore dei due protagonisti, qui la campagna si pone come vero e proprio rifugio dalla realtà vissuta nella fonderia da Bill e Abby. Nel suo primo lungometraggio, Malick portava lo spazio diegetico al grado zero, qui invece lavora sulla ricchezza della messa in scena, così vediamo i braccianti agricoli che coltivano, le spighe di grano, gli animali, l'acqua nella quale i due innamorati fanno il bagno, (nel cinema di Malick essa si consoliderà come elemento di purificazione). La terra è feconda e fertile, e permette la sopravvivenza dei propri figli. La briosa ed elegiaca rappresentazione dei campi da coltivare assumerà una dimensione tragica solo dopo la metà della narrazione, quando ci rendiamo conto che proprio come in Badlands la nuova vita di Bill e Abby è già orientata verso il suo epilogo (nel primo lungometraggio, quando la polizia si mette sulle traccie della coppia, in questo quando il fattore scopre l'inganno dei due). A quel punto il cielo (Che corrisponde all'elemento dell'aria, qui prevalentemente orizzontale) cui fa riferimento il titolo cessa di esser parte integrante dell'idillio vissuto dai protagonisti per divenire portatore di incommensurabile sciagura (da esso provengono le locuste che devastano i campi). Il racconto e lo spazio vengono quindi rovesciati, attraverso il conferimento di un senso religioso e simbolico, ad un grado negativo (la voce over che parla di un diavolo tra gli uomini). Quest'ultima svolge sia una funzione esegetica, sia una funzione di appoggio, sia una funzione di racconto orale sovrapposto alla narrazione filmica (differente rispetto a Badlands, dove la voce narrante di Holly era collegata esclusivamente al suo punto di vista, e quindi aveva il compito di rimarcare la natura stereotipata della sua avventura con Kit). Il dilagare irrefrenabile del deserto ne La rabbia giovane qui si arresta, viene messo in discussione a favore dell'attraversamento narrativo di due piani (quello iniziale dell'idillio e quello finale della tragedia) che sottraggono al film l'omogeneità del predecessore, ma pongono le basi per la significativa ricerca della trascendenza che caratterizzerà tutte le sue opere successive (si noti bene che in questo frangente non vi è ancora la trascendenza, bensì l'inizio di un percorso che passerà presto dalla staticità e orizzontalità delle inquadrature fisse al movimento di macchina perpetuo, tra plongee discendenti e contre-plongee ascendenti).

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati