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I giorni contati

Regia di Elio Petri vedi scheda film

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La recensione su I giorni contati

di logos
9 stelle

Una lucida analisi marxista contro le illusioni dell'esistenzialismo battute sul loro stesso terreno. Film grandioso, troppo oltre per il pubblico dell'epoca...

Che dire di questa preziosa pellicola…  

 

A rifletterci un po’, mi viene da pensare che la lettura esistenzialistica che se ne può dare non sia del tutto appropriata. Certo, Petri, anche per esperienza autobiografica del padre, riprende un uomo cinquantenne che lascia il lavoro di artigiano idraulico, perché scosso dal decesso improvviso di un signore a lui accanto in un tram; un evento che scatena nel protagonista Cesare un ripensamento di tutta la sua esistenza e del suo significato. A che serve lavorare, trascinarsi i giorni l’uno dietro l’altro a faticare, se tanto ci attende la morte?  Perciò vediamo questo artigiano riconsiderare se stesso, i propri amici, il prossimo in quanto tale, con altri occhi, occhi quasi da filosofo.

Non a caso discute sul senso della vita e della morte con i suoi compagni, cerca di richiamare a sé l’attenzione di una sua ex fidanzata, e desidera persino colloquiare con tutti, perché è assurdo che a questo mondo ci si senta estranei l’uno all’altro dal momento che un unico destino ci “livella”. 

 

Si potrebbe allora dire che in quest’opera il grande regista realizzi un vero e proprio registro esistenzialista, allora anche di moda, mentre le opere successive prenderanno una virata a sinistra verso l’impegno di denuncia civile. Ma a ben guardare le cose stanno davvero così? A mio modesto avviso no.

 

Qui Petri con la sua solita maestria allusiva e sottrattiva ci propone un’ottica esistenzialistica del suo personaggio ma per corroderla al suo interno attraverso un’analisi di matrice marxista. Non a caso il protagonista non è un operaio, ma un artigiano. In secondo luogo la sua inquietudine per la morte come avvio per un’esistenza autentica (secondo la catechesi heideggeriana) lo rende sempre più arrovellato nella noia, in un una sorta di alienazione che si insinua silente nel suo esserci. Lo sguardo incantato e contemplativo, che connota i suo occhi meravigliati sul mondo, piano piano si stempera, la saggezza esistenziale profusa agli amici lavoratori si trasforma in disperazione e nella consapevolezza di non avere un posto nel mondo; in più subentra la mancanza di denaro che lo costringe dopo varie peripezie a ritornare idraulico come da copione. Ma questo che cosa significa?

 

Significa che nel mondo borghese democratico basato sul lavoro libero, l’alienazione non è nel senso della morte che ci sorprende nell’angoscia liberatrice, ma nel lavoro medesimo, che ci rende incapaci di assaporare l’esistenza come uomini onnilaterali secondo la prospettiva marxiana.  L’alienazione ci costringe a disprezzare ciò che è umano (il lavoro inteso come libera attività cosciente) per cercare rifugio in attività che girano a vuoto.  E girano a vuoto non perché ci sia la minaccia della morte ma perché nell’alienazione del lavoro l’ozio diventa uno spazio duplicato della stessa alienazione, nel senso che non è tempo liberato ma tempo ripetuto dell’alienazione lavorativa, “tempo libero borghese”.

 

In questo senso mi viene da dire che l’opera di Petri resta una critica corrosiva del mondo borghese proprio a partire dall’ideologia esistenzialista di cui tale mondo si ammanta per nascondere le contraddizioni più radicali dell’essere sociale. L'’operazione di Petri è davvero notevole: traveste l’opera di esistenzialismo per sfondarlo nella critica sociale dell’esistente, a partire dalla condizione sbandata del signor Cesare, catalizzatore straordinario delle antinomie della coscienza borghese.  Ciliegina sulla torta, il cosmonauta sovietico ritorna sulla terra…

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