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Ogni cosa è illuminata

Regia di Liev Schreiber vedi scheda film

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La recensione su Ogni cosa è illuminata

di cheftony
9 stelle

"Ho riflettuto molto spesso sulla nostra rigida ricerca. Mi ha dimostrato che ogni cosa è illuminata dalla luce del passato; è sempre lungo il nostro fianco, dall'interno guarda all'esterno, come dici tu...al rovescio. Jonfen, in questo modo io sarò sempre lungo il fianco della tua vita e tu sarai sempre lungo il fianco della mia. Le nostre famiglie saranno con noi e le famiglie delle nostre famiglie. Tuo nonno è forse, in qualche modo, anche mio nonno."

Il giovane ebreo americano Jonathan scopre sul letto di morte della nonna che il suo povero nonno Safran venne salvato da una ragazza, Augustina, durante la guerra in Ucraina, in modo che potesse fuggire in America e crearsi una famiglia lì. Per paura di dimenticare, Jonathan fin da bambino colleziona oggetti per lui significativi che possano far permanere il ricordo, motivo per cui decide di andare in Ucraina e farsi condurre da una guida locale nei pressi del villaggio di Trachimbrod.
La guida in questione sarà formata da un vecchio burbero che parla solo russo, odia gli ebrei e si crede cieco, dal giovane Alex (tamarro di Odessa col mito del lifestyle americano) e dal loro cane, Sammy Davis Junior Junior. Mentre Jonathan scopre che prima dell'avvento dei nazisti esisteva un'Ucraina antisemita, il viaggio verso Trachimbrod diventa un'occasione per tutti per portare alla luce il proprio passato o meglio a scoprire che è la riscoperta del passato stesso a portare tutto alla luce, ad illuminare la vita...

Se all'inizio Ogni cosa è illuminata sembra una commedia che si basa sul contrasto fra il timido americano e i folkloristici ucraini, progressivamente diventa un film di straordinaria profondità e leggerezza al tempo stesso, che, basandosi sull'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer, si arricchisce di paesaggi bellissimi (indimenticabile la casa in mezzo ad uno sterminato campo di girasoli) e di pochi interpreti più che mai azzeccati: ottimo Elijah Wood, eccellente il poliedrico Eugene Hütz, paroliere/cantante/giullare/attore di primissimo livello (a proposito: la canzone che accompagna i titoli di coda è dei Gogol Bordello, trascinante gruppo gypsy-punk dello stesso Hütz), niente male anche lo sconosciuto Boris Leskin nei panni dell'anziana guida.
L'esordio registico dell'attore Liev Schreiber è una chicca cinematografica passata quasi inosservata presso il pubblico di massa ed è difficile da apprezzare in toto alla prima visione, ma è un raro caso di film sull'ebraismo capace di conquistare gli occhi e l'anima di un qualsiasi spettatore disposto a farsi trascinare nel viaggio dei tre e ad abbracciare la loro piccola scoperta sull'importanza delle radici.

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