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Tutti i battiti del mio cuore

Regia di Jacques Audiard vedi scheda film

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La recensione su Tutti i battiti del mio cuore

di Peppe Comune
8 stelle

Thomas (Romain Duris) è un ragazzo di 28 anni che continua l'attività del padre (Niels Arestrup) nel campo delle compra-vendite immobiliari secondo procedure non sempre legali e metodi non proprio ortodossi (come lo sgombero violento dei palazzi occupati dagl'immigrati), ma vorrebbe tanto assecondare la passione per il piano trasmessagli dalla madre che non c'è più. Per caso incontra il vecchio impresario della madre che, ricordandosi del suo talento in erba, lo invita a fare un audizione. Thomas così decide di riprendere a suonare il piano a va a lezione da una concertista cinese (Linh Dan Pham) che sa parlare solo la sua lingua.

 

 

Nel ragazzo albergano due anime frutto di due modelli educativi diversi : quello del padre, violento e arrivista, e quello della madre, sensibile ai richiami della musica nella sua forma più pura. Sono due stati dell'animo che si rincorrono di continuo, si combattono il primato senza però che uno prevalga sull'altro. Ciò ha reso Thomas facile preda delle emozioni del momento e questa sua carica istintuale gli inficia ogni possibilità di darsi una forte e precisa personalità. Quando è con i suoi soci a concludere "affari", i richiami della musica lo mettono di fronte all'incongruenza della sua condizione di vandalo metropolitano. Quando, invece, suona il piano ritorna prepotente quell'irruenza che gli impedisce di accarezzare i tasti piuttosto di percuoterli, di adagiarsi con dolcezza all'ascolto delle note che esso emana piuttosto che accellerare i tempi per la pulizia di un talento grezzo. Dopo "Sulle mie labbra", Jacques Audiard costruisce un'altra storia (insieme al fido Tonino Benacquista) incentrata su un'anima in pena ingabbiata in una sorta di limbo esistenziale, in uno spazio amorfo dominato più dagl'istinti che dai sentimenti, dove è necessario la creazione di un metalinguaggio per rendere comunicanti mondi altrimenti lontani e per rendere concreta la conoscenza dell'indispensabilità funzionale dell'altro da sè. La capacità di leggere le labbra di Carla e la musica per Thomas, diventono modi per aprirsi a uno spazio più ampio, di comunicare attraverso segni convenzionali che li rendono arbitri indiscussi del proprio destino, uno spazio in cui si decide di entrare quando si vuole sfuggire dalla propria condizione esistenziale. Thomas cerca nella musica la possibilità di migliorarsi come uomo, di depurarsi dalle asprezze del suo carattere. E' il caso che lo ha messo nella condizione di poter diventare un concertista. Ed è ancora per caso, quando la vita sembra aver cambiato definitivamente registro, che il passato ritorna a riaccendergli la voglia di chiudere un vecchio conto rimasto in sospeso. Jacques Audiard è un'autore di sicuro avvenire e le cose che mi è capitato di leggere a proposito di "Un Prophète" confermano la bontà del suo talento. Sa scrivere e sa dirigere con polso storie che sono lo specchio fedele di un tempo percorso da innumerevoli tipi di precarietà esistenziali. In fondo Thomas è il paradigma di tutta quella umanità che a diverso titolo può dirsi socialmente disadattata, quella orbitante in una zona franca sospesa tra la rincorsa a un sogno di un futuro migliore e la difficoltà del vivere quotidiano che ti rimanda sempre indietro al punto di partenza.

 

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