Regia di Scott Derrickson vedi scheda film
Il film riesce a tener testa al prototipo di Friedkin, che rimane giustamente insuperabile. Se “The Exorcism of Emily Rose” riesce là dove molti hanno fallito è perché attraversa il genere horror rimanendo in bilico tra il suo più stretto immaginario ed una razionalità di contenuto ben precisa. Il film infatti tratta il soprannaturale, ma non piega sul fantastico. E questo è importante in termini narrativi come di registro e di estetica. In più ha un valore aggiunto che si chiama Jennifer Carpenter e che, senza trucchi o effeti speciali, riesce a diventare una vera e propria maschera terrorifica dall’efficacia innegabile. Buona la struttura narrativa come le ambientazioni e i tocchi allucinati. Senza scadere nel prevedibile il film sonda un campo, quello della dialettica legale, di difficile discussione e che a fine film non trova né risposte né verdetti. Come è giusto che sia, perché le esperienze personali, profondamente intime, se possono avvicinarsi più alla sfera spirituale che a quella medica o legale, rimangono comunque esperienze inponderabili, il cui fascino e la cui inquietudine ne rimangono le basi essenziali.
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