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The Belle Starr Story - Il mio corpo per un poker

Regia di Piero Cristofani, Lina Wertmüller vedi scheda film

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La recensione su The Belle Starr Story - Il mio corpo per un poker

di giurista81
6 stelle

 

Caotica produzione realizzata con avvicendamenti in corso di opera in ogni componente, sia tecnica che artistica. Il misconosciuto Piero Cristofani da avvio al progetto in qualità di regista e sceneggiatore, affidando a Robert Woods e a Elsa Martinelli i ruoli principali. Probabilmente è proprio all'attore americano, all'epoca piuttosto conosciuto nelle produzioni western grazie ai successi di film quali Due Once di Piombo (1966) di Maurizio Lucidi e 7 Pistole per i MacGregor (1966) di Franco Giraldi, che viene concesso il ruolo di protagonista, ma la cosa non va a genio alla Martinelli, reduce da importanti collaborazioni a Hollywood. I due attori entrano in conflitto per chi debba avere più primissimi piani. La personalità dei due coinvolti nel litigio è tale da non poter essere moderata dagli addetti ai lavori. Cristofani è più che incerto nella direzione sia degli operatori che degli attori, mentre la produzione è costituita da imprenditori alle prime armi nel cinema. La situazione va completamente fuori controllo, tra offese, urla e bizze varie. Woods e Cristofani si schierano contro la Martinelli che, a sua volta, porta alla produzione una certa Lina Wertmueller, fresca di Non Stuzzicate la Zanzara (1967) ma soprattutto aiuto regista di Federico Fellini in La Dolce Vita (1960) 8 ½ (1963). I due nomi, assai pesanti, basti ricordare il Premio Oscar alla carriera che sarà riconosciuto nel 2020 alla Wertmueller e le collaborazioni al fianco di Kirk Douglas (Il Cacciatore di Indiani, 1955) e John Wayne (Hatari!, 1962) della Martinelli, portano al licenziamento immediato di Cristofani e di Woods.

La Wertmueller non ha parole dolci per i produttori, che accusa di essere dei “pericolosi dilettanti”, e non usa mezze misure o diplomazia. Fa ingaggiare Luigi Montefiori, attore statuario noto con lo pseudonimo George Eastman, che diverrà in seguito famoso per la capacità di rabberciare in scrittura film nati male (si pensi a Keoma o Emanuelle e Françoise) così da riportarli a livelli qualitativamente apprezzabili. Il copione viene stravolto. Buona parte del girato di Cristofani cestinato o recuperato per rapidi flashback. Con una controfigura si mette in scena la morte di Woods che, nel frattempo, minaccia azioni legali e piange (si legge in certi volumi) nei camerini per il trattamento ricevuto. Nell'anarchia più totale, viene fuori un film con una costruzione che sarà ripresa da certi prodotti “frankenstein” (ovvero film di montaggio) di Demofilo Fidani, quali Giù le Mani... Carogna! (1971), dove si utilizza l'artificio dell'incontro di due personaggi al saloon per dar avvio a un lungo dialogo in cui si ripercorrono vicende passate. Ecco che Belle Starr Story diviene un western che contiene due film. Da una parte la storia (di Cristofani) della ribellione di una ragazza forte che non intende sottostare alle violenze del padre, che intenderebbe concederla in sposa a un vecchio facoltoso per ragioni di opportunità politica, e per questo si ritrova a incarnare il ruolo della fuggitiva costretta a darsi al crimine; dall'altra viene proposta la storia di un amore tossico (script della Wertmueller e di Montefiori) tra il personaggio di Montefiori e quello della Martinelli, che incarnano due giocatori di poker e, al tempo stesso, quello di rapinatori tra loro contrapposti, così da tenersi testa l'uno con l'altra. Per contenere i costi, vi sono ampie scene dedicate al gioco del poker e agli amoreggiamenti tra Montefiori e la Martinelli, su cui si innescano i flashback delle parti di Cristofani utilizzate per giustificare la deriva delinquenziale della pistolera. La Wertmueller volge al femminile la storia e questo conferisce ampio motivo di interesse alla pellicola. Belle Starr Story è l'unico, a oggi, spaghetti western diretto da una donna ed è, inoltre, il più quadrato tra quelli che hanno proposto pistolere. La Martinelli spara, mena le mani e fuma sigari. È l'eroina assoluta, caratterizzata da perfetta antieroina, in un ruolo che ai tempi moderni va piuttosto di moda (si vedano personaggi come la Harley Quinn interpretata da Margot Robbie), ma che all'epoca era decisamente originale e in controtendenza, sebbene in parte anticipato da alcuni esperimenti di commistione col musicarello rappresentati da film quali Little Rita nel West (1967), con una Rita Pavone reduce proprio dal set de Non Stuzzicate la Zanzara della Wertmueller, e Lola Colt (1966) girato negli studios di Tirrenia con la soubrette Lola Falana.

Da notare i costumi della Martinelli, a dir poco ottimi, così come la sua interpretazione. Al suo fianco, Montefiori è una perfetta spalla, agghindato con un look da pirata (evidente orecchino) e sottoposto a una tortura assai sadica. La confezione è buona, specie la fotografia. Pur essendo un film minore, la Wertmueller, che non considererà mai la pellicola come sua, riesce nell'impresa di salvare un progetto che ha rischiato addirittura di arenarsi, restando sospeso per due settimane prima del suo arrivo.

Da un punto di vista tecnico sorprende una carrellata laterale, da sinistra a destra, su un tavolo su cui sono adagiate una serie di armi e oggetti vari. Una trovata che sarà “copiata” da Dario Argento e John Carpenter per cult assoluti quali Profondo Rosso e 1997 Fuga da New York. Vi sembra poco? Promosso, con buona pace per le litigate, le minacce legali e le diversità di opinioni.

 

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