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Il gatto e il canarino

Regia di Radley Metzger vedi scheda film

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Michele Martelossi

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La recensione su Il gatto e il canarino

di Michele Martelossi
8 stelle

Che mai potrebbe succedere se un regista dedito al porno facesse invasione di campo e quel campo fosse di genere giallo? Avremo forse un pornogiallo? Niente di che, anche se alla fine c'è un vellutato richiamo al sadismo. Lo sconfinatore in questione, Radley Metzger, nel 1979 se ne venne fuori con l'idea di accendere la luce di alcune stelline angloamericane a rischiarare una buia e imperiosa magione poco lontana da Londra, nel Surrey. I convocati (Honor Blackman Olivia Hussey Michael Callan Carol Lynley Daniel Massey Peter McEnery)   giungono in campagna a pomeriggio inoltrato, fradici di una pioggia battente per ascoltare gli ultimi voleri dell'ormai defunto Cyrus West e sperare di aver fatto finalmente tredici, sistemandosi per sempre.

Sin dall'inizio la tensione è palpabile, specie fra due cugini che non si possono tollerare nemmeno guardandosi l'un l'altro e che si mettono più che volentieri le mani addosso. Perciò, il compito di Allison Crosby, legale dei West, si rivela più difficile di quanto potrebbe essere una comune seduta dal notaio. Ad aggravare il nervosismo degli aspiranti eredi universali sono le stranezze della vecchia governante e le bizzarrie del defunto che pare aver messo da parte penna e calamaio per fare piuttosto un testamento filmato. Gli ospiti sono così costretti a cenare in compagnia della sua immagine parlante, proiettata rigorosamente a capotavola e a ricevere offese ed umiliazioni, non senza lo humor un po' nero dei british. L'eredità viene conferita ad uno di loro ma il pazzo Cyrus pone due condizioni: che il beneficiario da lui nominato sopravviva sino all'indomani e/o che non impazzisca nottetempo. In quel che resta della notte, le due clausole del pericolo di vita e della pazzia finiscono per mescolarsi vicendevolmente sino a divenire inseparabili. Allison Crosby, l'avvocatessa, viene trascinata dietro ad una libreria e quando l'erede lancia l'allarme per la sua inspiegabile scomparsa, a stento viene creduto dagli altri che cominciano a dubitare sella sua sanità mentale.
 
Eccezionale la bellezza di Olivia Hussey in questo film, attrice che raramente usa make up durante le sue performance e che qui è stata deliziosamente truccata. Imperdibile la cena con il morto la cui impertinenza fa andare di traverso il boccone. Notevole anche l'interpretazione di Edward Fox che irrompe a un certo punto dalla finestra per separare due litiganti e che si presenta come lo psichiatra di una clinica vicina, in cerca di un pazzo appena fuggito. Abile Wendy Hiller che alcuni ricorderanno come la principessa Dragomiroff in Assassinio sull'Orient Express e ivi nei panni dell'impettita avvocatessa.
 
Anche qui, sebbene non c'abbia messo mano, si respira aria di Agatha Christie con l'ambientazione falsamente retrò, il disprezzo per l'avidità umana e lo sguardo sempre torvo che viene rivolto alla borghesia dei primi del '900. Se si chiude un occhio sulle solite convenzioni delle suggestioni date dalla casa padronale e vittoriana, del gatto nero che circola tra le gambe dei tavoli e degli ospiti, dell'orologio che rintocca sempre meno colpi e se si tralascia il fatto che si tratta della quarta replica tratta dall'opera teatrale di John Willard, ne può uscire una brillante commedia gialla che rischiava pressoché di scivolare nel porno, a causa del testamento cinematografico del regista, ma che ha retto sino alla fine scampando a questo pericolo.

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