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Red Eye

Regia di Wes Craven vedi scheda film

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La recensione su Red Eye

di scapigliato
8 stelle

Un gender-thriller, come dice Wes Craven stesso. Ma la "Guerra dei Sessi", che è comunque il motore che fa decollare l'aereo del thriller e ne diventa la struttura portante, è molto meno importante di altri due bei elementi con cui possiamo dire che l'autore di "Nightmare", "Scream" (tutti e tre), "La Casa Nera", "Il Serpente e l'Arcobalento", "L'Ultima Casa a Sinistra", "Le Colline Hanno gli Occhi", e altri insospettabili grandi film, ha tirato fuori denti e artigli e ha graffiato. Il primo elemento è la querelle col moralista produttore di turno, qui Spielberg, che non voleva un terrorista americano, ma Wes Craven, si sa, ci ha sempre insegnato che il Male è dentro di noi, e alberga nella casa vicino la nostra, innaffia il giardino e lo cura con amore, ci sorride sempre ed è amico di passeri e leprotti, vota Bush e tiene un'arma in casa pronta per uccidere i figlioletti qualora non ubbidissero ai castighi di un fantomatico Dio fascista che conoscono solo loro, e che a me non risulta. Il mio Dio è clemente e libero. Sono cattolico. Così, aver dato ad un grandissimo Cillian Murphy (e grande era già stato in "28 Giorni Dopo", e non solo in "Batman Begins"), il volto del terrorista, il nostro amato regista schiaffeggia il puritanesimo americano delicatamente. Il secondo elemento, è l'irruzzione della grammatica horror in un plot fin troppo chiaramente hitchcockiano. Abbiamo piani sequenza inquietanti all'interno dell'aereo soprattutto durante il decolla (da paura!); inquadrature tagliate in modo da creare un'atmosfera estaniante per essere quella abituale di un volo notturno tra i più frequentati e sicuri; per non parlare della trasformazione del cattivo Jackson: infatti, con un buco in gola che deve tener tappatto, rantola alla Darth Vader, e cammina alla Jack Torrance quando viene colpito alla gamba. Infine insegue la protagonista con un coltellaccio da cucina, in un montaggio di camere, stanzini e ancora camere, che ricorda il massacro finale del suo primo "Scream". Ci sono quindi tutti i requisiti per gridare "Ah, Wes...!", e godersi un film che prende il rigoroso schema del suspance-movie e lo pizzica con un registro da paura alternato a brillanti dialoghi e strizzatine allo humor nero di cui Craven è maestro. Peccato per il piano estetico, non c'è un'innovazione particolare, le scene sono tutte di facile visione, e i colpi bassi son pochi, ma il lavoro del papà di Freddy Kruger è autorevole e autoriale. Jack Rippner non sarà mai un Freddy Kruger o un Ghost Face, ma la sua caratterizzazione finale (buco in gola, gamba acciaccata e coltellaccio da cucina) evidenzia la volontà del regista di proseguire con forza la sua penetrazione nell'immaginario collettivo.

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