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La guerra dei mondi

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su La guerra dei mondi

di lussemburgo
8 stelle

Il film inizia con varie cartoline del mondo, affollato ed ignaro del pericolo incombente, Quindi passa a ritrarre il protagonista, Tom Cruise, gruista al porto, intento a muovere dall'alto anonimi container, tra loro perfettamente simili, con abilità e grazia, indifferente al contenuto e rispettoso solo degli orari di lavoro. Solitamente un'introduzione del genere prelude ad un utilizzo della competenza del personaggio in una successiva scena drammatica, che qui però manca.
La prima parte del film mostra i prodromi dell'invasione, leggibili come anomali fenomeni naturali, che la gente guarda con timorosa fascinazione. Quando il pericolo si fa manifesto e le macchine si innalzano dal terreno e iniziano a falciare uomini e cose, Cruise raccoglie i due figli e fugge per un'America in preda al panico, mentre le forze armate si ritrovano del tutto impotenti di fronte alla superiorità tecnologica degli invasori. C'è solo la fuga nella mente di Cruise, salire in macchina e andare il più lontano possibile, non opporre un'inutile resistenza ("non è una guerra, è un massacro"), nemmeno cercare di capire i disegni o le strategie degli alieni. Non c'è niente di comprensibile, ma il solo dato di fatto di un'invasione inarrestabile.
Spielberg sceglie un punto di vista dal basso, prossimo a quello che poteva essere definito il proletariato, e che si identifica con la piccola classe media, ossia la maggioranza della popolazione Usa. Non c'è il trionfalismo patriottardo di Independence Day, né il buonismo di Incontri ravvicinati. Le scene di devastazione sono crude, i massacri crudeli, con echi, nella insensibilità della morte, da Schindler's List, A.I., o dal Soldato Ryan. La popolazione è allo sbando, ridotta ad uno stato ferino di semplice sopravvivenza e sopruso sui simili, vissuto come necessario pegno per la propria salvezza. Anche Cruise dovrà sopprimere, fuori campo, l'uomo che gli offrirà riparo perché pericoloso nella sua volontà di opporre una strenua resistenza al nemico extraterrestre. E solo quando gli alieni penetrano nel rifugio toccherà al buon padre di famiglia combattere personalmente, per legittima difesa. Tutto è subito dai personaggi, nulla è realmente compreso. E, con la stessa impotenza, si assiste alla sconfitta degli alieni, non per effetto degli umani, ma per la tragica beffa di non essere immuni alle patologie terrestri.
La filmografia di Spielberg si è di recente fatta estremamente esplicita nei contenuti, mascherando sotto trame tragicomiche (The terminal) o esplicitamente drammatiche (Minority report) il nuovo volto dell'America. Quali sono le reazioni della gente comune di fronte ad un'aggressione tecnologicamente potenziata da parte di una forza (armata) sconosciuta? E per raccontarcelo, Spielberg ricorre ai peggiori recenti terrori americani, l'eco delle Torri gemelle (la cenere sui corpi, la fuga dalla catastrofe, dai crolli , dalle esplosioni), la paura del terrorismo cieco (l'incomprensibilità dell'attacco, la difficile identificazione del nemico, che viene da lontano), il disastro aereo, l'impotenza delle forze armate, la morte che colpisce accanto. In America come in Iraq, dove i marines e le altre truppe scelte non possono niente contro gli attacchi della guerriglia e il paese si è trasformato in una fucina di terroristi; ma anche, e soprattutto, l'America come l'Iraq, dove la popolazione ha subito aggressioni simili da parte degli stessi statunitensi, tecnologicamente superiori, per ragioni spesso imperscrutabili alla gente comune: e per mettere nei loro panni lo spettatore americano, senza sentenziare, Spielberg sfrutta le più concrete paure contemporanee e una regia attenta al dettaglio e alla verosimiglianza.
I tripodi su cui gli alieni si muovono e marciano su gente e città sono alti quanto le gru della scena iniziale, uccidono con la stessa indifferente efficienza che usava Cruise nel trasferire i container, sono manovrati dall'interno da esseri viventi in fondo nemmeno tanto diversi. Quando per la prima volta li vediamo da vicino, curiosano tra le cose umane, bevono dell'acqua, litigano anche per degli oggetti. Non hanno che l'aspetto diverso da noi. E anche la facilità della loro disfatta, per la mancanza di protezioni fisiologiche, che la voce off rassicurante attribuisce alla divina provvidenza (in moderne vesti bio-chimiche) e giustifica come ineluttabile naturale supremazia dei "padroni di casa", sembra, al di la dell'apparente faciloneria nella risoluzione del film, un monito contro ogni invasione aggressiva (i locali, in Vietnam o in Iraq, sono duri a morire), che, ironicamente, sembra ricalcare, nella sua logica forzata, la stucchevole retorica neo-con del governo in carica.




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