Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Come essere spaventosamente eversivo senza muovere un dito. Un film agghiacciante, tremendo, magnifico che riesce a spostare un macigno con il soffio di una poesia. Kim ki-duk è uno dei più grandi maestri viventi di cinema e con questo meraviglioso saggio sulle potenzialità dell'umano agire, sull'autonomia di pensiero e sull'insondabile mistero del rapporto con gli altri, firma una delle sue opere migliori.
Seul come Tokio, Londra o New York: i vetri scorrevoli delle finestre dei motel rimbalzano sugli occhi limpidissimi di due ragazzine che nuotano in una fiaba crudele, al confine estremo della Possibilità (ma dove sta davvero quel confine e che cosa è la Possibilità?). Kim ki-duk gioca con la materia e accostando il marmo alla pelle (straordinaria la sequenza delle due protagoniste sedute sul bordo della fontana, di fianco alle statue), il cemento all'acqua, le foglie alle pietre, il fango al grano, risponde a ogni domanda col silenzio eloquente dell'attimo immerso nello vita sciogliendo fior di metafore di sublime eleganza. Persino laddove la violenza mostra il suo volto più efferato, l'inquadratura rimane magicamente sospesa in quella "bolla" di lirica semplicità (ma allo stesso tempo profondissima saggezza) che solo il cinema orientale riesce a mostrare cosi bene.
Un film che ti accarezza e ti schiaffeggia il cuore per lasciarti, infine, da solo (tremendamente da solo!) in preda ad una dolciastra, indefinibile sensazione di disagio. Il grande schermo diventa buio, si riaccendono le luci, ma quella finestra del motel continua a dondolare nella mente.
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