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Fuga da Alcatraz

Regia di Don Siegel vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fuga da Alcatraz

di rocky85
9 stelle

"Quando compi gli anni?"

"Non lo so".

"Cristo, che razza di infanzia hai avuto?"

"Breve".

 

Sotto un cielo nerissimo ed una pioggia scrosciante, una panoramica ci porta dalla città di San Francisco fino alla baia. Seguiamo una imbarcazione che attraversa il fiume, e lentamente si ergono davanti agli occhi, inquietanti e terrificanti, le mura della prigione. La lunga, silenziosa sequenza dell’ingresso in carcere si conclude con un lapidario “Benvenuto ad Alactraz” e un potente tuono premonitore. 

Frank Morris (Clint Eastwood) giunge ad Alcatraz nel gennaio del 1960, con qualche condanna per rapina e borseggio e varie evasioni da altri carceri federali nel proprio curriculum. Il direttore Warden (Patrick McGoohan) lo accoglie dicendogli che “Nessuno è mai riuscito ad evadere da Alcatraz, e nessuno evaderà!”. E' la prigione più invalicabile degli Stati Uniti: una guardia ogni tre detenuti, mura rese imperforabili da fondamenta in roccia e metallo e, in caso di evasione, più di un miglio da fare a nuoto attraverso un fiume ghiacciato e spinto da correnti fortissime. Frank, solitario e taciturno, comincia a pensare e a studiare. Finché un giorno sentenzia: “Io forse ho trovato un modo per uscire”. Così, insieme ai detenuti Charley Puzo e i fratelli Clarence e John Anglin, mette in piedi un piano di fuga. L'obiettivo è scavare, prima con un tagliaunghie e poi con un cucchiaio, intorno alla grata di aerazione, allargare il buco ed attraversarlo, arrivare attraverso il condotto di ventilazione al passaggio che porta sopra al loro blocco e poi al tetto. Bisogna costruire anche delle teste finte, in cartapesta e un pò di calce, per metterle sulle brande e simulare la loro presenza durante la fuga. Infine costruire delle zattere e dei salvagenti, per poi mettersi in mare e dirigersi verso Angel Island. "Quante probabilità abbiamo?", chiede Charley. "Scarse", risponde Frank.

Fuga da Alcatraz (Escape from Alcatraz, 1979), ultimo tassello della collaborazione artistica tra Don Siegel e Clint Eastwood, è molto probabilmente anche l’ultimo capolavoro del regista di Chicago e uno dei vertici assoluti della sua filmografia. Prodotto in cooperativa proprio tra la casa di produzione del regista e quella del suo interprete-feticcio, è una ricostruzione storica perfetta, impeccabile, appassionante e quasi documentaristica di un avvenimento realmente verificatosi. Se è considerato, a ragione, come uno dei migliori film carcerari di sempre, questo lo si deve soprattutto allo stile di Don Siegel. Come sempre contraddistinto dalla sottrazione, si adagia in modo esemplare ad una storia secca e prosciugata di qualsiasi elemento, comprese le connotazioni psicologiche dei personaggi e perfino dei dialoghi, praticamente ridotti all'osso. Tutto avviene negli spazi angusti e stretti, e la tensione nasce proprio dalla insopportabile e claustrofobica assenza di aria da respirare. E tutto ciò ci viene soltanto suggerito da Don Siegel, senza inutili didascalismi o eclatanti dichiarazioni libertine. E lo stile si sposa a meraviglia con la prova controllata, apparentemente monocorde ma in realtà perfettamente aderente, di Clint Eastwood. Dopo aver visto Fuga da Alcatraz, è impossibile non notare quanto il cinema di Eastwood regista sia debitore dell'insegnamento prezioso del suo maestro Siegel.

Per la cronaca. Frank Morris e i fratelli Anglin riuscirono a lasciare il carcere di Alcatraz, su una zattera, la notte dell'11 giugno del 1962. Il mattino seguente, l'F.B.I. ritrovò soltanto degli indumenti e dei resti della zattera sulla spiaggia di Angel Island. Da allora, non è chiaro ancora oggi se i tre sopravvissero alla rocambolesca fuga. Sono stati effettuati studi di varia natura: alcuni sono convinti che i tre detenuti morirono annegati; altri, invece, basandosi sullo studio delle correnti del fiume, sostengono che la loro fuga abbia potuto avere successo. Ci sarebbero delle testimonianze, anche fotografiche, che sembrerebbero accertare la presenza dei fratelli Anglin nel Sudamerica degli anni Settanta e quella di Frank Morris in Irlanda. Il caso fu comunque archiviato e non ci sono prove che stabiliscano con certezza la sopravvivenza dei tre dopo quella notte. Ma penso che in molti di noi abbiamo sperato, anche soltanto per un attimo, che alla fine ce l'abbiano davvero fatta.

 

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