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Battaglia nel cielo

Regia di Carlos Reygadas vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Battaglia nel cielo

di ed wood
10 stelle

Un grande film che conferma il talento e l’ispirazione di Carlos Reygadas, giovane, coraggioso e controverso autore di un cinema dai nobili e consolidati referenti, eppure capace di idee ed immagini sempre nuove e sorprendenti. Gli si rimprovera di voler provocare a tutti i costi, in modo gratuito, facendo leva su scene di sesso esplicito, lunghe panoramiche in piano-sequenza (la sua cifra stilistica prediletta), sviluppi narrativi non sempre cristallini etc…Le solite accuse rivolte agli autori più arditi e sfrontati, che si ripetono di epoca in epoca: ieri toccava ad Antonioni e Resnais, oggi tocca a Dumont e Reygadas (e svariati altri). Con Reygadas, l’astio si fa più infuocato, forse perché il messicano preme a fondo sul pedale dell’oltraggio morale (i primi piani dei genitali, anche in erezione; scene di sesso fra obesi e/o anziani) e di quello formale (culminato nella magnifica sinfonia, narrativamente “ballerina”, dello spernacchiato “Post Tenebras Lux”), e in entrambi i casi non teme di sfidare il ridicolo. Si può dunque ipotizzare, date tali premesse, che Reygadas faccia un cinema studiato nel dettaglio per scandalizzare e per essere inintelligibile. In realtà, è proprio l’esatto opposto. Bisogna che la critica, specialmente quella “seria”, capisca una volta per tutte che il cinema è, in un modo o nell’alto e per sua stessa natura, una rappresentazione della vita, del tempo che scorre, di ciò che costituisce la complessa esperienza esistenziale di una o più persone. E l’esistenza non è fatta solo di modelli di comportamento “stipabili” nella figurina di un qualsiasi personaggio convenzionale; la vita è fatta anche di cose come pompini, lunghi viaggi in automobile, ragazzine che ti insultano perché sei obeso, masturbazioni durante la visione televisiva di una partita di calcio (eh sì, succede veramente), gente che piscia nel bagagliaio della macchina. E di aberrazioni, brutture, carne nuda, impulsi e desideri. Il desiderio può variare, da quello di “sequestrare” una nuova paternità, a quello di andare a letto con la figlia del capo, fino a quello di martirizzarsi ed umiliarsi in una processione bendata, in ginocchio, fino a morire dissanguato (momento, quest’ultimo, puramente visionario, che fa il paio con l’auto-decapitazione nel finale di “Post Tenebras Lux”: eppure, per il tono dell’intera sequenza, che racchiude come in un frattale quello di un intero film, pare quasi l’unica scelta plausibile!). “Battaglia nel cielo”, titolo evocativo, è in fondo la storia di un uomo disperato, giunto al capolinea dell’abiezione: la mdp di Reygadas riparte da “Japon” e dai suoi piani-sequenza contemplativi, sfaccettandone di volta in volta i significati: se nella panoramica, verso la fine, in cui Marcos sale su una vetta montuosa e guarda il meraviglioso abisso che gli si pone di fronte (esaltato da una nitida fotografia) non si aggiunge nulla rispetto al misticismo del precedente film, l’espediente si arricchisce espressivamente in altre due situazioni. La prima, verso l’inizio in metropolitana, quando la mdp si attarda, perde di vista Marcos dopo averlo stretto e “soffocato” contro il muro, poi lo va a cercare e alla fine lo ritrova quasi per caso: un’emozionante pagina di cinema che comunica tutto lo smarrimento morale ed emotivo del protagonista e dello spettatore; la seconda, il clou del film, è l’amplesso fra Marcos e la giovane Ana, con la mdp che trascura l’orgasmo per compiere una perlustrazione dello skyline di Ciudad de Mexico, per tornare infine sui due corpi a giochi fatti: è la negazione del piacere? è l’indifferenza di Ana, smaliziata “fornitrice” di performance sessuali? oppure è la distrazione di un criminale che non può far altro che pensare al “fuori” e quindi non può abbandonarsi alla forza totalizzante dell’eros? (solo nel post-scriptum, solo dopo il Martirio e la Morte, ci sarà il Piacere e l’Amore per Marcos). In questa ed altre scene, lo spettro delle interpretazioni è ampio, ma non per questo il senso di ciò che vediamo risulta inafferrabile, né è opportuno lasciarsi prendere dalla smania simbolista cercando forzatamente di codificare ogni immagine con un sistema di rigidi significati: è qui la forza, tarkovskijana, la purezza, la trasparenza e l’onestà di questo cinema (a proposito, il maestro moscovita pare quasi citato e paradossalmente beffato nella sequenza della campana che non suona!). Tutto si tiene, ogni momento allude/anticipa/comprende un altro: “il mondo intero riflesso in una goccia d’acqua”, appunto. Ci sono echi, rimandi: come la sequenza del benzinaio, dove una insolita musica barocca si sovrappone alla processione dei bambini, rimandando al finale sacro. Non mancano inoltre diversi riferimenti cifrati alla sfera sessuale, dalla professione di “alzabandiera” di Marcos al meccanico che controlla l’olio dell’auto inserendo l’asticella come un pene in una vagina (tutti elementi a cui Reygadas pare dare un certo risalto), che uniti a trovate come la “boutique” (bunueliano luogo di un piacere coatto) saldano i conti coi mai sopiti retaggi surrealisti di tradizione ispanica/latina (a tal proposito, l’utilizzo sarcastico di una musica militare nei momenti di maggior pathos richiama al “Professore” di Marco Ferreri). Fra i tanti momenti memorabili di questa straziante, aberrante, umanissima soggettiva e messa a nudo di una mente/anima/corpo allo sbando, ci sono anche la telefonata caliente di Ana e l’amplesso di Marcos con la moglie, triste e tenero.

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