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L'enfant. Una storia d'amore

Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film

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La recensione su L'enfant. Una storia d'amore

di FilmTv Rivista
8 stelle

Periferia di Bruxelles. Bruno e Sonia, fidanzati ragazzini, sopravvivono inconsapevoli. Si capisce che si amano parecchio, e per campare si arrangiano come possono. Quando lei mette al mondo un figlio, lui lo vende alla criminalità organizzata. Più che della capitale del Belgio, la banlieue dei fratelli Dardenne sembra un quartieraccio di Berlino Est. Non c’è trucco e non c’è inganno, la macchina da presa racconta quel che c’è così com’è, nel cuore ben pasciuto dell’Europa. Senza intento didattico che non sia quello della testimonianza pura, mai filtrata da declamazioni ideologiche. Casomai la macchina da presa dei Dardenne costringe a venire allo scoperto: dei vari Bruno e Sonia, così come di Rosetta, nessuno parla mai, al cinema e nella vita, e sarà pure abusato e qualche volta (de)privato di senso il termine “necessario” ma di fronte a L’enfant non ci viene in mente altro. I cineasti belgi non fanno dell’umanesimo astratto: è l’approccio “giusto” alla realtà a essere cosa non solo rara, ma persino unica nel panorama cinematografico internazionale. Non che non ci sia una “tesi”, dietro all’odissea di questo Enfant. Non che non si parli di argomenti da maiuscole altisonanti - tipo perdita dei Valori e soffocamento dell’Etica - ma sono il senso laico (non laicista) della società e delle sue responsabilità, e il senso religioso (non vaticanista) della vita e della sua sacralità, a rendere magnifici l’equilibrio e la trasparenza del film. Scontato il rimando a Bresson? Chissenefrega. Si pensasse un po’ di più a Bresson e saremmo tutti migliori. Questo per dire che la sufficienza dimostrata da parte della critica a Cannes, dove L’enfant ha vinto una Palma d’oro non unanime, conta come un vezzo umorale, o poco più. Certo il cinema dei Dardenne è poco conciliante, freddo, stilisticamente giocato su una neutralità di sguardo che è difficile rinnovare, perché fa parte di un principio, di una morale. Ecco, sì, di una morale. Che è una e non si adegua ai desiderata contingenti dello spettatore. Forse è questo a dar fastidio.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 50 del 2005

Autore: Mauro Gervasini

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