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A History of Violence

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su A History of Violence

di ROTOTOM
8 stelle

His-tory of violence ovvero la storia intesa come passato prossimo recente, storia personale, memoria e prova cucita dietro la nuca in modo che non si possa vedere mai, ma che sta li ad attendere il momento di ripresentarsi in tutto il suo diritto di esistere. Breve e intenso come il minor numero di film in circolazione, sempre ipertrofici, Cronenberg nel suo minutaggio canonico dice ciò che deve senza fronzoli, "uccide" la storia esattamente come il suo personaggio uccide la propria, con la freddezza e la risolutezza del professionista. Per questo il film è estremamente conenberghiano, se il punto da sviscerare è questo. L'artista si trasforma in aggettivo senza possibilità di tornare uomo, rimane intrappolato nel proprio talento diventando pietra di paragone con sé stesso. Il doppio che è Tom Stall (Viggo Mortensen) è dentro sé stesso, un doppio represso ma mai completamente, complicemente, compiacentemente rimosso come Cronenberg rimane sè stesso nonostante ogni prova debba essere sempre forzatamente diversa per sganciarsi dal proprio doppio "aggettivato" ma mai completamente, complicemente, compiacemente portata a termine. Mutazioni, entrambi amano le proprie seconde anime. La violenza inquina mutando la carne, mostrandone il rosso che la compone, la materia che si modifica al contatto con essa, carne, emozioni, amplessi, ruotano il proprio asse al mondo mostrando ciò che sta dietro e che di norma non si vede o non si vuole far vedere. La violenza è la chiavetta a molla di un carillon le cui figurine cominciano a smontarsi e disfarsi durante una musica insulsa. Viggo Mortensen è un buon padre e un buon marito e un buon killer. Un buon bugiardo che nelle proprie bugie dice il vero, dice che la violenza fa parte della vita ed è la chiavetta a molla che fa muovere il mondo, volente o nolente, che lo difende dalle intrusioni, che conserva quella parvenza di urbana normalità e civiltà che consente alle persone di non sbranarsi subito, di temersi, quindi di rispettarsi. Non a caso il Tom Stall padre di famiglia dallo sguardo liquid e paranoico non è seducente quanto il Joy Cusak killer dallo sguardo liquido e paranoico. E' sempre lo stesso volto, la stessa carne, la stessa pelle perfettamente aderente ad un teschio scavato e non finito, imperfetto e asimmetrico. Maria Bello moglie che esce dal bagno ad accappatoio aperto dopo un violento amplesso (non)voluto è un infarto a cielo aperto rispetto alla dolce Maria Bello moglie che esce dal bagno in divisa da liceale licenziosa. Il figlio, figlio dell'eroe americano che ha ucciso i rapinatori, reagisce con violenza ai soprusi di un bulletto ed è molto più interessante sia agli occhi della fidanzatina che in quelli degli spettatori, sedotti dalla violenza giusta. Inquinati, mutati, doppi. A farne le spese i cattivi veri quelli che non sono che cattivi, solo mezze persone, violenti e basta ma non abbastanza per un buon padre di famiglia, buon marito, buon bugiardo e sotto sotto buon killer: una persona completa. La carne si spezza, muta, cambia forma e poi ritorna a chiudersi e ricomporsi in una forma conosciuta e rassicurante. Come un fiore che si schiude, divora una mosca e ritorna in quiete nascondendo una minaccia letale che lo rende completo nella sua natura, così ritorna la normalità della famiglia lacerata dalla cruda verità della natura umana, temuta, scoperta e riposta nel silenzio del rassicurante e raggelante desco famigliare, doppio anch'esso, che accoglie il nuovo Tom Stall nel silenzio della consapevolezza, nella paura del proprio doppio, nel dolore della carne lacerata. In quel silenzio c'è tutto il cinema di Cronenberg, aggettivo di sé stesso, che non teme un finale sospeso, fatto degli sguardi di una famiglia a cena sulla propria nuova condizione, nella forma che si è richiusa su sé stessa, nella ragione profonda della pulsione umana. Menzione d'onore per Ed Harris, il pus della ferita aperta, mentore dell'assunto cronenberghiano che sfregiato ad un occhio asserisce di poter vedere la vera anima del protagonista proprio con l'occhio offeso. Piani diversi di consapevolezza, l'occhio buono vede la normalità, quello violentato riconosce la violenza. Ottimo e abbondante. Purtroppo risibile la performance di William Hurt, ridotto a mcchietta di mafioso, forse il punto debole di un film veramente ottimo.

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