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La tortura della freccia

Regia di Samuel Fuller vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La tortura della freccia

di ed wood
6 stelle

"Run of the arrow" non è certo fra i migliori western della storia, nè fra gli esiti più brillanti del cinema di Fuller, regista controverso come pochi altri, anarcoide destrorso che ha fatto la Storia del cinema, sfaldando tempi e modi di Hollywood e ispirando paradossalmente intellettuali europei come Godard e Wenders. Fuller, come Aldrich e Ray, negli anni 50 ha fatto saltare le convenzioni su cui si basavano i cosiddetti "generi", reinventando il concetto di individualismo e forgiando una tipologia di personaggio violento, ma anche passivo, ambiguo, tormentato e anti-eroico da cui sarebbero ripartiti, 20 anni dopo, i due grandi "falchi" della New Hollywood, Cimino e Milius. Il protagonista di "Run Of The Arrow" (un ottimo Rod Steiger) è l'archetipo della poetica e dell'ideologia fulleriana: un sudista orgoglioso, per quanto fragile (vedi i confronti con la madre), che non si riconosce nella nuova America lincoln-iana e cerca una nuova identità sposando la causa dei Sioux e cercando presuntuosamente di diventare uno di loro. La poetica è quella della sconfitta e della frustrazione, della perdita di orientamento a seguito degli sconvolgimenti storici (ambiziosa e geniale l'intuizione di Fuller di ambientare il film nel 1865, anno in cui finì la Civil War e cominciarono le Indian Wars), della disperata ricerca di un nucleo sociale in cui riconoscersi. L'ideologia è quella testardamente individualista e conservatrice, sfiduciosa nel progresso e nelle istituzioni, ma proprio per questo irriverente nei confronti del dovere e della "ragion di stato". "La patria non è necessariamente quella in cui si è nati, ma quella in cui si trova una ragione per vivere": uno schiaffo al patriottismo a stelle e strisce. Se l'apparato tematico prometteva bene, il film delude sul piano stilistico. Intendiamoci: Fuller non è mai stato un maestro di ritmo e intensità, anzi...Anche le sue opere migliori si contraddistinguono per le continue pause, le digressioni, lo straniamento. In "Run of the arrow" però c'è una sceneggiatura claudicante, scombinata, uno sviluppo drammaturgico piuttosto pedante, un maldestro dosaggio delle componenti. La regia, coi  (pochi) mezzi a disposizione, salta a piè pari ogni tentazione epica o spettacolare, annichilische Ford e Hawks, per allestire uno sbilenco mix inquadrature eterogenee, dove la violenza irrompe improvvisamente e vigliaccamente da colpi scoccati fuori campo, bandiere americane prendono fuoco in feroci assedi, i piedi delle persone sono colti nel moto continuo di una fuga impossibile. Intuizioni di brutale e sadica poesia, che Fuller avrebbe avuto modo di sviluppare meglio nei suoi capolavori successivi.

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