Regia di Andrew Lau, Alan Mak vedi scheda film
Infernal Affairs ha un suono metallico (cit.). E' il suono metallico delle pistole, della rabbia, dell'inganno; dei pensieri dei protagonisti, delle loro identità; della lotta, della vendetta, del riscatto; dei palazzi di Hong Kong.
Andrew Lau è un poeta dell'azione e costruisce con un climax un'escalation di violenza e movimento che arriva al culmine del finale; un film esteticamente impeccabile che gioca e inganna con un intreccio strepitoso, dove sembra per un attimo perdersi per poi ritrovarsi in elementi sempre nuovi ma comunque coinvolgenti. Lau gioca al gatto e al topo in un ritmo esasperante dove la differenza tra bene e male è assolutamente inesistente. C'è solo l'azione e poi la quiete; la ragione ma anche l'istinto. E alla fine di tutto questo, la morte. Mentale o fisica non c'è quasi differenza, la morte è un inganno, un trabochetto rafinatissimo da cui si esce sempre sconfitti.
Tutti di gran razza e di altissimo livelli i protagonisti, che non recitano ma giocano quasi divertendosi ma non perdendo mai di vista la calma e l'obiettivo del film.
E' lontano anni luce il sopravvalutatissimo remake di Scorsese. A riprova che gli americani quando non hanno originalità, sono egregi maestri nell'arte del copiare. Ma per quanto di finissima fattura, una riproduzione sarà sempre inferiore all'originale.
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