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Kairo - Pulse

Regia di Kiyoshi Kurosawa vedi scheda film

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AndreaVenuti

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La recensione su Kairo - Pulse

di AndreaVenuti
9 stelle

Parlare di Kairo non è mai semplice poichè rappresenta una pietra miliare , forse il punto più alto di un genere nato in Giappone  e famoso in tutto il mondo come confermano i numerosi e quasi sempre dannosi remake americani, sto ovviamente parlando del  J-Horror.

Kairo è un film del 2001; scritto,diretto e prodotto da un grande maestro di cinema come Kiyoshi Kurosawa (ha studiato, insegnato e fatto cinema), un cult assoluto di cui fortunatamente si è scritto molto (sia qui sul sito sia in altri lidi).

 

Kurosawa parte da una storia di fantasmi che fin da subito capiamo essere solamente un pretesto per poter parlare di svariati argomenti, il regista realizza un dramma esistenziale ricco di contenuti con uno stile tecnico-stilistico fuoi dalla norma.

 

Il prologo vale più di mille parole:

Campo lunghissimo in cui si intravede una nave  isolata in mezzo al mare, metafora dell'isolamento insito nel genere umano (tematica cardine del suo cinema).

 

Il leitmotion è molto interessante, uno stranissimo sito internet propone all'utente la possibilità di incontrare un fantasma, mostrando in precedenza una serie di soggetti completamente isolati nelle loro stanze, sono  in uno stato catatonico (hanno visto il fantasma? sono loro fantasmi?....); con la presenza di questo insolito e misterioso sito il film potrebbe sembrare rivolto ad indagare gli effetti di isolamento prodotti dalla rete (a tal proposito il regista mostra grande lungimiranza poichè siamo solo nel 2001 e la rete era completamente diversa da come la vediamo e usufruiamo oggi ma lui aveva già intuito eventuali rischi e pericoli), tuttavia questa tematica è solo accennata, Kurosawa preferisce analizzare in profondità l'animo dei suoi soggetti sempre in confronto con una società iper-moderna e dinamica dove l'alienazione urbana è sempre dietro l'angolo.

 

Memorabile il finale dove emerge un'altra fondamentale tematica: l'accettazione.

Il regista sembra quasi invitarci ad accettare l'irreversibilità della vita (la morte fa parte dell'esistenza umana) e in questo caso si avvicina molto ad il maestro del cinema giapponese per eccellenza, sto parlando di J. Ozu a tal proposito riporto alcune considerazioni importanti di Dario Tomasi (docente di cinema presso l'Università degli studi di Torino, probabilmente il maggior esperto su Ozu in Italia e forse d'Europa):

«In Ozu l'accettare la realtà è sempre solo il primo passo, essenziale e necessario, per un nuovo e più autentico rapporto con se stessi e con gli altri. Accettare lo stato delle cose non è subirne, è comprenderne una realtà data e saperne trarre le conseguenze anche per imparare a ricostruire» [D.Tomasi,  Ozu Yasuyiro, Milano, 1996, pp.95]

 

Precedentemente ho esaltato la regia; Kurosawa oltre a proporre scelte caratteristiche del suo stile come lenti movimenti di macchina e piani sequenza,  aggiunge operazioni registiche molto più elaborate (che richiamano uno stile post-moderno, quasi MTV) in particolar modo quando appaiono i fantasmi: zoomate improvvise e frammentate il tutto unito ad un lavoro sul suono molto ricercato, il regista  realizza  delle "sbavature sonore" composte da rumori elettronici extradiegetici che rimandano ai suoni dei dispositivi di connesione digitale inoltre gli stessi fantasmi sembrano entità virtuali.

Ottima anche la direzione degli attori (nota di merito anche per il doppiaggio  italiano)

 

Capolavoro assoluto, da guardare e riguardare

 

 

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