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Visitor Q

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

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La recensione su Visitor Q

di cheftony
4 stelle

Sei venuto per distruggere la nostra famiglia, non è vero? È questo che ho pensato tutto il tempo. Grazie.”

 

Kiyoshi Yamazaki (Kenichi Endo) è un uomo di mezz'età, giornalista e documentarista televisivo, insignificante e vuoto. Ha un rapporto sessuale con una giovane prostituta, che lo schernirà per le dimensioni del pene e per la scarsa durata della prestazione, noncurante del fatto di essere sua figlia.

La moglie Keiko (Shungiku Uchida), eroinomane e prostituta anch'essa, si fa picchiare selvaggiamente senza motivo dal figlio più piccolo Takuya, a sua volta vittima inspiegabilmente inerme degli atti di bullismo dei coetanei.

L'ipocrita e ingiustificata tranquillità della famiglia borghese viene minata dall'avvento di un misterioso visitatore (Kazushi Watanabe), giovanotto silenzioso insediatosi presso l'abitazione degli Yamazaki dopo aver colpito Kiyoshi alla testa con un grosso sasso: quasi inosservato e indisturbato, il visitatore fa uscire ancor più allo scoperto le vere tendenze, volontà e repressioni dell'oscena famiglia…

 

 

locandina

Visitor Q (2001): locandina

 

Girato in digitale e a basso costo (il budget è stato intorno ai 60'000$) per un progetto televisivo giapponese intitolato “Love Cinema”, volto ad esplorare le potenzialità del digitale, “Visitor Q”, diretto dal folle Takashi Miike, è l'unico dei sei film direct-to-video del progetto giunto ad una certa notorietà; concepito e scritto da tal Itaru Era (giacché Miike è sì regista incredibilmente prolifico, ma anche restìo al lavoro di sceneggiatura), è un film noto principalmente nei circuiti underground per essere una delle visioni più insostenibili e fastidiose di sempre, tale da spiccare persino nella cinematografia di Miike.

Recuperando molto alla lontana il Pasolini di “Teorema”, la discettazione di “Visitor Q” colpisce senza mezze misure l'ipocrisia borghese e mediatica, il disfacimento della famiglia tradizionale e patriarcale, tutto attraverso parossismi e un black humor squisitamente nipponico, a tratti cartoonesco, che strappa qualche grottesca risata di fronte a vicende oscene.

La provocazione è forzatamente protratta e non necessita di forzature interpretative: il lavoro di Era e Miike è programmatico, (ben) studiato per suscitare una qualsiasi reazione ma mostra la corda nella sua pur breve durata, risultando poco più di un collage di dubbio gusto (lo stupro anale col microfono, il prolungato atto di necrofilia e gli schizzi di latte mammario sulla foto della figlia sono pornografia vera e propria), a mio giudizio non da doversi consigliare a chi è provvisto di pelo sullo stomaco; in realtà, “Visitor Q” nasce per scioccare i facilmente disturbabili, per i pudìchi, per un pubblico avvezzo a visioni placide e d'intrattenimento.

Esagerato, privo di equilibrio e ripetitivo, si insedia nella memoria ma risulta un'operetta, seppur coraggiosa, monocorde e trascurabile.

 

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