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The Foul King

Regia di Kim Ji-woon vedi scheda film

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AndreaVenuti

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La recensione su The Foul King

di AndreaVenuti
9 stelle

Buonasera signori, come promesso ritorno con un "commento ragionato" (almeno lo spero) incentrato sul secondo film del grande Kim Jee-woon.

The Foul King, Kim Jee-woon, 2000
 
Al suo secondo lungometraggio Kim Jee-woon continua un particolarissimo percorso autoriale, di chiara matrice hongkonghese, votato alla sperimentazione ed amalgamazione dei generi più disparati il tutto inserito in un contesto realistico-quotidiano caratterizzato da una bizzarra e grottesca ironia; l'ironia sarà poi l'elemento centrale dello stile del regista, esplorata in lungo ed in largo in tutte le sue derivazioni e significati (a tal proposito interessante l'analisi di Davide Morello nel suo Generi & Autori Il Cinema Coreano Contemporaneo).
 
The Foul King si presenta come un "classico" film sportivo incentrato sul wrestling peccato però che il wrestling sia una gigantesca allegoria ed il regista allude senza troppi giri di parole alla feroce lotta quotidiana a cui è sottoposto il coreano medio, assorbito da lavori opprimenti e bacchettato da capi senza scrupoli.
Il protagonista è un giovane Song Kang-ho al suo primo ruolo da protagonista (certo il nostro eroe aveva già mosso passi importanti nell'industria coreana partecipando a film come Green Fish, Bad Movie o Shiri) e riveste i panni di un impiegato di banca senza arte né parte continuamente umiliato dal suo datore di lavoro, dunque Song riversa nel wrestling le sue speranze di ribalta.
Il tema del wrestling potrebbe anche essere letto come una sorta di metafora politica raffinata e spinosa; il wrestling è uno sport d'importazione americana e sappiamo benissimo quanto sia il peso specifico di Washington sulla Corea "democratica" quindi gli americani sono arrivati addirittura a monopolizzare e colonizzare i sogni dei coreani (il protagonista sogna appunto di diventare una leggenda di questo sport) ma ecco che si presenta una potente verve critica inserita dal regista. Song Kang-ho una volta compreso i meccanismi dello sport non accetta alcuni dettami imposti dall'alto e vuole vivere il suo sogno a modo suo, senza imposizioni arrivando addirittura a rischiare la pellaccia. Quindi il regista sembra quasi esortare lo spettatore a lottare per una propria indipendenza e non ha caso ad un certo punto ci regala un campo medio con macchina fissa ad ammirare un gigantesco murales con impresso un calciatore della Corea del Sud seguito da una scritta abbastanza chiara: Combatti Corea.
In precedenza parlavo invece di amalgamazione dei generi ed il buon vecchio Kim Jee-woon in un secondo può passare dalla commedia slapstick a segmenti horror (quando per la prima volta il capo di Song -Song Young-Chang- prende per il collo il suo dipendente trascinandolo al bagno: uso sapiente del fuori campo interno e della camera a spalla) oppure sequenze oniriche grottesche fino ad un duello western concluso con un freezer-frame comico-demenziale.
A livello registico invece non posso che inchinarmi di fronte alla maestosità del regista che ci delizia tra carrellate laterali, inquadrature a piombo (pochissime ed azzeccate), replay cinematografici con angolazioni differenti (il suplex effettuato magistralmente e senza controfigure dal grande Song), slow-motion tanto epici quanto comici, primi o primissimi piani comunicativi ed una macchina mano usata con una disinvoltura ed efficacia fuori dal comune.
Filmone
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