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La foresta pietrificata

Regia di Archie Mayo vedi scheda film

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La recensione su La foresta pietrificata

di alan smithee
8 stelle

"E' la tomba della civiltà ciò che stiamo tutti cercando. Solo così si potrà ricominciare. E quale tomba è meglio del deserto. Quello è il mio destino. E pure il tuo Duke: tu ed io siamo gli ultimi fossili dell'individualismo"

Che ci fa un giovane scrittore (Leslie Howard), vagabondo e squattrinato, ma vestito nonostante tutto con una cura che tradisce una certa opulenza -  ormai il solo ricordo palpabile di un passato ormai sbriciolato irrimediabilmente - nel deserto dell'Arizona, presso una pompa di benzina che segna il confine tra la civiltà ed un luogo inospitale ma affascinante come la foresta pietrificata?

L'uomo, di nome Alan, spiegherà tutto molto bene alla figlia del proprietario, Gabrielle (Bette Davis), che, affascinata dalle avventure sentimentali francesi dell'uomo, scrittore promettente col suo primo ed unico romanzo pubblicato, ed ora vagabondo alla ricerca di ispirazione, saprà conquistarsi, con la galanteria ed il savoir-faire che lo contraddistinguono e differenziano nettamente dal resto degli uomini grevi che abitano quel piccolo concentrato di anime, farà di tutto per non lasciarselo sfuggire. Anche quando riuscirà ad assicurare al suo nuovo isolo un passaggio in auto.

 

 

 

Alan farà ritorno poco dopo, dopo essere stato ostaggio di un gruppo di banditi capitanati dal famigerato boss Duke Mantee (un Humphrey Bogart alla vigilia del divismo), e, nuovamente alla mercé dei malviventi, saprà suggellare il proprio amore verso la ragazza, con un gesto disperato ma vieppiù efficace che renderà finalmente libera quella brillante e sbarazzina creatura confinata entro il banco di uno squallodo bar in mezzo al deserto.

Commedia dai risvolti gialli ed un finale drammatico, ma anche ben condito di sapida ironia, che trasforma una commedia teatrale ben scritta da Robert E. Sherwood, in un film dal buon ritmo, diretto con mestiere e carattere dallo specializzato regista di commedie sofisticate Archie Mayo.

 

 

Una pellicola che ancor oggi risulta suggestiva pur concentrandosi in ambienti chiusi predefiniti, ed utilizzando scenografie dipinte che comunicano viste mozzafiato e spazi infiniti di un deserto tutto finto, ma che ci piace considerare vero nella sua amenità irresistibile e sin poetica. La scelta di non tradire l'origine teatrale della pièce risulta, alla fine, la scelta più innovativa ed indicata di un film davvero godibile ed appassionante, costellato di un cast di prima grandezza che emoziona già solo dai nomi, in cui spicca la perfetta alchimia che viene a crearsi tra le due star Howard e Davis, belli, giovani e pimpanti, a dispetto della cupezza del già duro Bogart, qui in procinto di spiccare pure lui il volo tra le star del firmamento hollywoodiano. 

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