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L'argent

Regia di Marcel L'Herbier vedi scheda film

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La recensione su L'argent

di ed wood
8 stelle

Opera di sintesi quella di L'Herbier, unisce abilmente gli estremi di Stroheim, Murnau e Eisenstein. Il naturalismo perverso dell'austriaco-statunitense  (d'altra parte, condiviso con il grande Zola, da cui è tratto il soggetto del film), l'espressionismo del quotidiano del tedesco, il didascalismo formalista ed enfatico del sovietico si amalgamano alla perfezione in un film forse non intenso e trascinante come altri capolavori del muto, ma nondimeno di straordinaria modernità espressiva e concettuale. Quello che colpisce de "L'Argent" è il suo pragmatismo, il suo essere modello (forse inconsapevole) di tanto cinema moderno, ma non europeo, bensì americano. "L'Argent" pare girato a Hollywood. E' così articolato, così dettagliato, così "script-oriented" (schiavo del copione, in una certa misura), che pare distante anni luce dal cinema francese dell'epoca: ogni influsso impressionista (Dulac, Epstein) pare completamente assorbito in una narrazione solida, lineare, che non lascia il minimo spazio a fughe oniriche o immaginifiche. La forza imbattibile del denaro preclude qualsiasi divagazione "immateriale", sia essa di ordine sentimentale, poetico, spirituale. In un mondo dominato dal denaro, c'è solo spazio per quell'assurda catena di processi innescati dall'avidità: anche lo slancio avventuroso, che porta un uomo a compiere un'impresa titanica come volare da solo da un continente all'altro, non è affatto un anelito all'evasione da una realtà troppo arida e corrotta, ma è invece una mossa dettata dal miraggio di un arricchimento illimitato. Le quasi tre ore di film presentano inevitabili cali di ritmo, specialmente nella seconda parte: la struttura dell'opera, la trama stessa, lo sviluppo dei personaggi suggeriscono una dimensione da saga, che oggigiorno sarebbe perfetta per una fiction televisiva in due o tre puntate. Il montaggio sfaccettato (una linea spezzata, laddove quella di Griffith era retta e quella di Eisenstein curva: i tagli alternati di Griffith e quelli sinfonici di Eisenstein si armonizzano in una forma organica, che offre le basi per i moderni blockbuster, da Coppola a Cimino a Stone etc...), combinato ai movimenti circolari ed avvolgenti della mdp, rendono il linguaggio di questo film un modello per tanta cinematografia "narrativa" dei nostri giorni, che veicola la morale in costrutti carichi di genuino pathos.

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