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La fonte meravigliosa

Regia di King Vidor vedi scheda film

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La recensione su La fonte meravigliosa

di OGM
6 stelle

L’opera non sempre è il frutto concreto del pragmatismo; a volte è, invece, l’oggetto che dà corpo ad un’idea, la porzione di realtà in cui si materializza un sogno creativo. Per l’architetto Howard Roark, progettare e costruire significa trasformare in palazzi e grattacieli la sua personale visione dello stile, dell’eleganza e della funzionalità. Per lui l’ispirazione è slancio che sgorga dall’interno, ed è indifferente ai dettami delle mode e ai canoni dell’opportunità. In questo senso l’arte non è fatta per servire né il suo utilizzatore né il suo committente, ma solo le esigenze espressive del suo autore. Il diritto dell’individuo a non subire interferenze che ne condizionino le scelte e ne travisino il pensiero sono prerogative irrinunciabili che si estendono naturalmente ai prodotti del suo ingegno. Questi sono, a tutti gli effetti, esclusivamente suoi, perché in essi si trasfonde un pezzo della sua stessa anima. Tale è il messaggio di sfida di cui si fa portatore il protagonista del film: una figura bizzarramente epica, arroccata nel suo eroismo, forse un po’ grottesco, di paladino dell’eccellenza e della proprietà intellettuale. La sua arringa finale prende spunto dalla Costituzione degli Stati Uniti per propugnare un individualismo esasperato, che equipara il dovere della coerenza alla ricerca della perfezione,  fondendole, arditamente, in un unico granitico principio. Il suo discorso rivolta la democrazia con un guanto, facendo scaturire dal principio di uguaglianza  quello che sembrerebbe il suo contrario, ossia la libertà del genio di essere diverso e di operare a propria discrezione, sottraendosi al giudizio della collettività. D’altro canto, la violenza della sua rivendicazione sovversiva è, in fondo, solo l’estremismo che si addice ad ogni antitesi provocatoria; è la fisiologica arroganza della dissidenza, del solista che alza il volume per sovrastare il brusio della moltitudine. L’ego propalato a gran voce, quando urla non per farsi pubblicità, ma per diffondere un’idea, è l’unico efficace antidoto contro la tendenza all’appiattimento, che è il degradante fenomeno sociale in cui i desideri “omologati” delle masse sono portati a combaciare con le imposizioni dei poteri politici ed economici o, più banalmente, con gli abusati modelli della mentalità corrente. Tuttavia, al di là del valore innovativo degli enunciati e dell’originale vigore dell’argomentazione, La fonte meravigliosa resta un film intriso di un romanticismo un po’ adulterato, non tanto perché emulsionato di retorica e didascalismo, quanto perché infuso di un’esaltazione da sogno americano in formato personalizzato, fatta su misura e pronta all’uso.  Va bene la ferrea determinazione (anche se utilizzata per rincorrere il successo), e va bene anche la volontà di distinguersi (anche se viziata dalla presunzione); ma ciò che manca, in questo luminoso sfoggio di forza di carattere, è la fresca ombrosità del dubbio, il tiepido brivido della paura di sbagliare, senza il quale non c’è modo di rendere umanamente credibile la propria Verità.

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