Regia di King Vidor vedi scheda film
L'architettura, la prima delle "arti maggiori", si confronta con "la settima arte", il cinema per l'appunto. Vidor omaggia così Frank lloyd Wright, il più grande architetto americano, con il personaggio di Howard Roark, (magistralmente interpretato da Gary Cooper). Le intenzioni non sono certamente storico-biografiche, in quanto, si sa, Wright non è "nato" con la Casa sulla Cascata o Il Guggheneim, risultato di un percorso progettuale lunghissimo. E' invece la presa di posizione del regista sull'arte moderna in generale: l'artista non è serve la società, ma offre il suo genio creativo per plasmare o armonizzare il mondo che la circonda. Secondo una visione romantica, è solo e incompreso: questo stato emotivo alimenta la sua vena rivoluzionaria e anarcoide, tant'è che il suo folle gesto risulta infine lucido e razionale. La regia di Vidor è tanto moderna quanto lo sono le architetture di Wright: prospettive inconsuete e "significanti" (emblematico l'odiato skyline newyorkese trionfante, oltre il finestrino dell'ambulanza, sulla morte dell'archittetto moderno), e, ancora, sovraimpressioni e zoom arditi. Non manca la storia d'amore, molto appassionante, con la bellissima Patricia Neal, così come il processo finale "kafkiano", che consegna così ai posteri la tradizione del trial-movie.
Tecnicamente ineccepibile (fotografia, montaggio, scenografie, musiche), con un finale visionario tra i più belli del cinema americano.
Suggestiva.
Stupenda.
Grande protagonista.
Bellissima, con un tocco glamour-fetish ancor'oggi invidiabile. (indimenticabile il pantalone nero a vita alta, la camicia bianca sbottonata, lo stivale con tacco e il frustino)
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